Non è che basta essere runner (o ciclisti)  per essere ecologici. Anzi.  Basta dare un’occhiata a cosa lasciano dietro di se’  maratoneti o pedalatori delle granfondo dopo un ristoro per capire che la strada per costruire una coscienza ecologica tra chi fa sport e’ ancora tanto,  ma tanto lunga. E non c’entra se a gettare per terra un bicchiere o i tetrapak di un gel sia il primo (che forse un po’ si può comprendere) o l’ultimo dei tapascioni che invece potrebbe tranquillamente fermarsi e utilizzare cesti o bidoni perché tanto non cambierebbe nulla. E’ un fatto di cultura. E la cultura si costruisce negli anni,  gara dopo gara. La cultura la fanno corse come la Cortina-Dobbiaco dove Gianni Poli e il suo staff fanno del rispetto ambientale una priorità assoluta, inventandosi anche speciali raccoglitori dei rifiuti dopo i ristori che non consentono alibi. O corse come la Maratona  delle Dolomiti dove anche le borracce date ai ciclisti sono biodegradabili e dove un paio di anni fa l’organizzatore Mikil Costa squalificò il primo classificato perché a un paio di chilometri dal traguardo getto’ sull’asfalto la carta di una barretta. Chapeau!  Inutile indignarsi. E poi perché? Certo fa tanto professionista buttare la borraccia vuota sul ciglio della strada ma dietro ai prof c’è poi chi pulisce. Dietro agli altri no.  Bisognerebbe indignarsi quindi nel vedere i segni del passaggio di una corsa su un sentiero delle Dolomiti, su un single track a fianco del Ticino ma anche nelle strade di  qualsiasi quartiere di una qualsiasi città . Così fa piacere scoprire che tra tanti che fanno chiacchiere su ecologia, sostenibilità e coscienza ambientale c’è anche chi fa cose concrete. La prossima maratona di Milano, ad esempio,  continua un percorso “verde” iniziato nel gli anni scorsi. E grazie alla partnership con IMQ, l’Istituto Italiano del Marchio di Qualità, Sustainability Partner dell’evento, SuisseGas Milano Marathon è stata la prima maratona in Europa ad aver ricevuto la Council for Responsible Sport Certification, certificazione made in USA che premia il livello di sostenibilità ambientale e sociale nell’organizzazione e nello svolgimento degli eventi sportivi. Non è un riconoscimento di facciata. Per acquisire i crediti bisogna realizzare più di 40 iniziative eco-compatibili a tutela del territorio e l’organizzazione della maratona milanese ha dovuto attivarsi per promuovere principi di sostenibilità, per ridurre gli effetti negativi della gara sull’ambiente e sulla città di Milano, per migliorare la gestione dei rifiuti e incrementare la loro differenziazione, e, infine, per creare un evento accessibile a tutti i partecipanti. In concreto qualche esempio. Con le iscrizioni solo on line sono stati risparmiati ad oggi 135 chili di carta e per facilitare la raccolta della pattumiera verranno predisposti bidoni per la raccolta differenziata sia al Marathon Village sia presso tutti i punti di ristoro. Per ridurre gli sprechi sarà consegnata un’unica sacca a maratoneti e staffettisti, saranno riutilizzati gli arredi dei vecchi eventi e verrà promosso il recupero e il riciclo degli indumenti usati e degli alimenti non consumati che saranno interamente donati. E ancora. La Suisse Milano marathon sarà il mezzo per comunicare come un modo di vivere più “green”  non sia solo l’atteggiamento un po’ snob di chi si atteggia ad ambientalista ma possa diventare di fatto un comportamento concreto. Concludente dicono i giuristi. Da subito. Da domenica 12 aprile.  Magari evitando per una volta di usare l’auto, magari correndo con gli amici una staffetta, magari semplicemente fermandosi sul percorso della maratona ad applaudire gli atleti. Si comincia così. E’ un fatto di cultura.