"SuisseGas Milano Marathon"Non sembrava nemmeno la maratona di Milano. C’era il sole, c’erano 15mila atleti al via, c’era un tracciato nuovo di zecca che ha funzionato anche se qualcosa si può ancora limare ancora soprattutto quando si vanno a prendere i chilometri dalle parti di via Gallarate. C’era parecchia gente che applaudiva e poche auto che strombazzavano, c’era un sacco di gente che sorrideva. E poi c’era Gebre che ha corso la prima frazione della staffetta ma  da solo vale il biglietto come si dice quando si parla di calcio. Perchè è davvero una leggenda, perchè basta guardarlo negli occhi per capire che ha qualcosa di speciale, perchè nella sua immensa carriera era la prima volta che correva a Milano. Certo ormai è fuori dal giro, ha corso una staffetta e lo ha fatto per onorare il suo contratto con Adidas ma le cose oggi ( forse da sempre) vanno così e non serve storcere il naso. Però averlo li sulla start line è stata una emozione irripetibile. Altro non serve. Ma non sembrava la maratona di Milano perchè a memoria ( e le ho corse tutte) così bene non mi sembra fosse mai andata.  Finalmente un bel percorso protetto dalle auto, finalmente in tanti a battere le mani, finalmente una città che a parte qualche “stecca” ma per la legge dei grandi numeri qualche fesso che insulta si trova sempre, ha fatto ciò che si fa a Valencia, a New York, a Barcellona a Berlino. E ci voleva tanto? Non sembrava di essere a Milano perchè nonostante alla partenza e all’arrivo ci fosse il caos che ci doveva essere con quindicimila persone in gara, con spettatori e parenti che cercavano in qualche modo di passare le transenne ci si ritrova poi tutti come a una festa di Paese. Marco, Andrea, Silvia, Cesare, Andrea, Giorgio, Emilio, Massimo, Fabrizio, Ylenia, Camilla, i Podisti di Marte neanche a darsi appuntamento… La gara? E’ sempre quella fantastica “roba” lì. Puoi farne dieci di maratone. Ma anche venti o trenta. E’ sempre la stessa storia. E’ un pezzo di vita che ti scorre davanti in quattro ore con la sua gioia, le sua euforia, gli intoppi, gli ostacoli, la fatica, la voglia di darle un taglio e fare altro. E poi quella di non mollare anche se non hai davvero più niente da dare, di mettere la freccia a accostare. Incredibile la maratona che è la cosa più soprendente che ti possa capitare: una e mai più. E invece una, poi un’ altra e poi un’altra ancora perchè essere maratoneti o triatleti ( e oggi ce n’erano tanti in gara) è un po’ uno stile di vita. Perchè poi quando giri l’angolo di Corso Venezia e vedi il traguardo là in fondo a duecento metri capisci che stai facendo qualcosa di importante. Ma non per gli altri,  per te soprattutto. Duecento metri per riavvolgere i fotogrammi di un film girato tra i nuovi grattacieli dell’Isola dove in tanti correvano col naso all’insù, tra gli applausi dei francesi piazza Duomo, tra il rettilineo di via Gallarate che non finiva mai, sul ponte pedonale di Milano City cercando in un “Enervitene” la forza per andare fino alla fine, sotto il gonfiabile di radio Deejay, quattro chilometri all’arrivo e benzina finita. Alla fine di una giornata che Milano cercava da chissà quanti anni, e di una maratona che non aveva mai davvero trovato restano le gambe a pezzi, restano il sorriso finalmente sollevato di Andrea Trabuio sotto lo striscione d’arrivo. Restano le facce lievi di tutti quelli che ti hanno superato, che ti hanno corso a fianco, che hai passatao e ritrovato al traguardo. Per tutti un sorriso che dice tutto. Il sorriso di cui solo i maratoneti sono capaci perche è una liberazione ma anche una conquista. E tantissime cose insieme impossibili da descrivere.  Ed è la prova che al di là del doping, delle chiacchiere, delle polemiche lo sport è questo qui.  E chissenefrega se per arrivare fino alla fine servono sei ore. Anzi. Non sembrava neppure di essere a Milano oggi. E invece eravamo tutti lì…