Molti dicono che l’Ironman sia una moda. Però sono in tanti, sempre di più, quelli che s’infilano in questo tunnel che, nel bene o nel male, la vita un po’ te la cambia. L’ironman per chi non lo sa ( ma qui siamo in pochi) sono 3,8 chilometri a nuoto, 180 in bici e una maratona per finire. Una follia. O forse no. Comunque, da qualsiasi verso si prenda una fatica immane, innaturale, esagerata e forse anche un po’ assurda. Chi non l’ha mai fatto dice così ma forse perchè non ha mai trovato il coraggio di cucirsi addosso un pettorrale così pesante. Chi invece a quel traguardo c’è arrivato, con qualsiasi tempo, è come se fosse entrato in un’altra dimensione, al di là dei tatuaggi, delle facili ironie, dei miti che lasciano il tempo che trovano. Ci sono in giro “uomini d’acciaio” che mai diresti. Che hanno fisici da impiegati e neppure troppo allenati, buoni a prima vista forse solo per una partitina di tennis la domenica mattina con i colleghi. Ma l’Ironman non è solo un fatto fisico. L’Ironman è qualcosa che ti scatta dentro. C’è un “X factor” anche qui ed è una variabile che va al di là del nuoto, della bici o della corsa. E la testa che muove il corpo. E’ la testa che ti permette di arrivare dove spesso neppure si immagina. E’ la testa che comanda. Sempre. Così se nella mente di uno che nuota,corre e pedala parte l’ordine di provarci metà del lavoro è già fatto. Il resto è ciò che un buon triatleta già sa. Sono allenamenti e fatica ma se l’obbiettivo è fissato tutto diventa più semplice. Daniel Fontana che di Ironman ne ha fatti e su questa distanza ha anche vinto, ripete spesso che questa gara è un “romanzo”. Una storia tutta da scrivere e ogni volta diversa, senza certezze e senza un finale scontato. Una storia quasi infinita che ognuno si costruisce e decide di affrontare con il suo livello di preparazione e con le sue motivazioni e dove, al di là del cronometro, degli avversari, delle classifiche i conti si fanno solo con se stessi. Domenica c’era un Ironman in Francia a Nizza e ce n’era un altro a Klagenfurt in Austria. Tanti campioni capaci di prestazioni pazzesche, costruite con allenamenti studiati a tavolino, tecniche e materiali sempre più sofisticati che li fanno assomigliare a “macchine umane” perfette e programmabili. Ma al via c’era anche tanta gente normale e parecchi amici con la sola voglia di mettersi alla prova, con un sogno nel cassetto, con lo sfizio di una vita, con la curiosità di capire fino a che punto si può arrivare. Che si sono tuffati senza la smania di voler dimostrare niente a nessuno. Una moda? Può darsi. Ma forse chi parla così ha anche un pizzico di invidia…