Chris Froome pesa  68 chili. Nella salita della decima tappa di La Pierre-Saint-Michel  ha raggiunto 5,78 watt per chilo,  ha avuto una media di 158 battiti al minuto con una punta di 174 e ha pedalato con una frequenza di 97 pedalate al minuto. “Ci auguriamo una volta per tutte che questi calcoli precisi possano fare chiarezza – ha detto il direttore sportivo del Team Sky, Dave Brailsford-  Le prestazioni di altissimo livello di Froome hanno innescato una serie di illazioni e insinuazioni sulle modalità di preparazione …Resta il fatto  che i dati finora li abbiamo forniti soltanto noi” E adesso siamo tutti più tranquilli. Più o meno. Però fa specie che il direttore sportivo di una squadra sia costretto a dare i dati di un corridore che vince per mettere a tacere le voci sul sospetto di doping. Succede solo nel ciclismo. E’ come se dopo la finale di Champions vinta dal Barcellona sulla Juve, Luis Enrique fosse stato poi obbligato  a rendere pubblici i dati di Piquè o Mascherano perchè in campo andavano il doppio di Pirlo o Pogba. Impensabile. Succede solo nel ciclismo perchè ormai la frittata è fatta e ci vorranno lustri per cambiar menù. E succede solo nel ciclismo perchè ormai quando uno scatta in salita e lascia lì gli avversari ci si dà di gomito. Per quanto possa valere, fossi stato al posto di Brailsford i dati di Froome non li avrei dati.  Chissenefrega delle illazioni e dei sospetti e chissenefrega di chi pensa che sia tutto un trucco.  Chi vuol pensare male pensi ciò che vuole, un ciclismo che sbandiera ai quattro venti la nuova stagione del “doping free” non ha bisogno di mostrare i dati. Anzi non deve perche sembra quasi un’ammissione di colpa. Ci sono i controlli, c’è chi fa le indagini sulle prestazioni sospette e quindi indaghi. Fino a prova contraria se uno non ha scheletri nell’armadio non ha nulla da dimostrare. Altrimenti pedala all’indietro.