Cycling - Tour of FlandersOlè. Peter Sagan che vince il Fiandre è tutta un’altra storia rispetto alla Gand-Wevelgem. E’il finale che tutti gli appassionati di ciclismo sognavano. Il più forte nella corsa più bella. Il fuoriclasse nella corsa che incornicia una carriera da predestinato. Da Bruges a Oudenarde, 255 chilometri dove ogni pedalata è un pezzo di storia, dove solo in quattro prima dello slovacco avevano vinto con la maglia iridata sulle spalle ed era gente del calibro di Rik Vaan Looy ed Eddy Merckx, tanto per fare due nomi. Da Bruges a Oudernarde dove il ciclismo è cultura  religione e  dove oggi si correva l’edizione numero cento. E allora era un segno del destino che a vincere fosse  la nuova pepita del ciclismo mondiale, mica un carneade qualunque. Era destino che Sagan staccasse tutti o quasi sul  Patenberg e non in un posto qualunque ed era destino che alle sue spalle arrivasse proprio Fabian Cancellara che con un inchino gli ha passato il testimone di una gloria che si arricchirà di altri podi e di altre imprese. Braccia alzate, ad incitare il pubblico ad applaudirlo un po’ di più, a reclamare una gloria che è già scritta. E infatti scrivi Peter su Google e il terzo nome della lista è proprio il suo. Forse fra qualche settimana diventerà addirittura il secondo o il primo. E un motivo ci sarà.  Fenomeno, fuoriclasse, personaggio o  campione. Chiamatelo come volete ma dalle 15.24 del 27 settembre ora di Richmond in Virginia, il ragazzo di Zilina è diventato nuovo messia del ciclismo mondiale.  Un campionato del mondo che tutti, ma proprio tutti, sapevano che sarebbe stato solo l’inizio. Una maglia mondiale finita sulle spalle giuste  perchè mondiale non è la Milano-Sanremo, la Parigi-Roubaix o il Fiandre. Non vive di luce propria. Ci sono maglie iridate che, senza far nomi, sono finite sulle spalle di illustri sconosciuti che le hanno portate in giro per il mondo nel più completo anonimato.  Sagan invece quando vince lascia il segno indelebile come capita solo ai predestinati, come Zorro che forse un po’ anche gli somiglia. Da oggi ci ricorderemo tutti il suo scatto sul Patenberg, lo sguardo curioso al ciclista che gli stava correndo a fianco sulla ciclabile  a tre chilometri dal traguardo, il zigzag dopo l’arrivo. Così come ricordiamo il suo scatto sul pavè  a Richmond allo stesso modo della “fucilata” di Beppe Saronni a Goodwood. Consegnate alla storia, per sempre. Come Dino Zoff che alza la coppa del mondo a Madrid, come Stefano Baldini che entra nel Panatinaikò di Atene. C’è da scommetterci. Ma è solo l’inizio una storia importante che oggi ha scritto un’altra pagina di quelle che resteranno. Sagan è la rivoluzione di cui il ciclismo moderno appiattito da tattiche e doping aveva bisogno. E’ l’incoscienza e il coraggio, è la miscela esplosiva dell’estro, è la classe che comunque fa sempre la differenza. In bici ma anche quando non pedala. E’ il personaggio che fa la gioia di tifosi e giornalisti. Che prende a insulti un cameraman della Vuelta che per filmarlo rischia di farlo atterrare sull’asfalto, che pizzica il sedere di una miss sul podio. E che poi  le manda un mazzo di fiori per scusarsi. Alla miss. Peter Sagan è quello che  in un mondo che è sport ma anche contratti, sponsor, marketing e soldoni,  se ne frega di tutto e di tutti se ne va con quattro amici al pub a festeggiare con un birra. Peter Sagan sono 5 milioni di contatti sul web, 700 like al giorno, 335mila contatti su twitter e un centinaio di autografi al giorno. Peter Sagan è una pepita d’oro. Peter Sagan che vince il Fiandre per il ciclismo è il più bel sogno di primavera

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