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Parlando qualche anno fa con Luca Sacchi nella sede della Gazzetta dello sport alla presentazione di un’impresa di un atleta forte, fortissimo ma avanti con l’età,  mi disse che lo ammirava ma che preferiva concentrarsi  sui ragazzi. E che preferiva pensare che lo sport per crescere e per avere una speranza avrebbe dovuto sempre investire su di loro. E detto da uno che nel nuoto ha scritto un pezzo fondamentale della storia azzurra vincendo una medaglia olimpica a Barcellona…. Una medaglia olimpica non è marketing e non arriva mai per caso. Va costruita con un lavoro certosino che deve cominciare presto, prestissimo. Nell’anno di Rio questo discorso torna ancor più attuale, soprattutto se si considera quanto precario sia il movimento azzurro a cominciare dall’atletica per passare poi ad altre discipline  che nel nostro Paese sono più o meno sconosciute. Fine. Per questo ogni volta che grandi eventi internazionali come il Challenge di Rimini ( ma per fortuna sempre più spesso anche altre manifestazioni) offrono come aperitivo le gare dei ragazzi viene voglia di applaudire. Chapeau, direbbero i francesi. Certo l’evento clou è il Challenge, sono le migliaia di atleti che regalano (e si regalano) una grande giornata di sport. Ma l’entusiasmo delle gare dei ragazzi è contagioso. Piccoli, grandi, grandissimi perchè nell’adolescenza spesso la crescita segue criteri inesatti, però tutti con la stessa grinta e la stessa voglia di giocarsela in un duathlon che a 15 anni già lascia intravedere fiammate di classe cristallina. Basta osservare come corrono e pedalano questi ragazzi ancora acerbi per rendersi conto che sono già irraggiungibili e fuori portata per la maggior parte dei grandi che scenderanno in gara nel 70.3. E’ un altro mondo, un altro pianeta che dovrebbe far capire a molti 50enni che lo sport agonistico ha preso altre strade che, a parte quelli che davanti fanno su serio, gli atleti sono altri. E bisogna farsene una ragione.  E’ un mondo fresco, innocente, tonico, scattante, irruento e a volte crudele. Sì perchè c’è chi a dodici, tredici quindici anni già vola e c’è chi invece annaspa in retrovia. Però non molla. Fino alla fine anche se i distacchi sono abissali e senza repliche. Ma vale la pena di giocarsela sempre. E soprattutto di investire su chi davanti a sè ha una vita da scoprire e conquistare. Il resto sono chiacchiere spesso inutili. Quindi viva il Challenge dei grandi che è un evento che riempie il lungomare e gli alberghi di Rimini e che ormai fa la storia di questa città. Ma soprattutto viva il Challenge dei ragazzi. Perchè il futuro passa da lì…

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