Oggi il Giro d’Italia corre la crono del vino. Quaranta chilometri da Radda a Greve in Chianti dove la Toscana è un piccolo paradiso che finisce sulle cartoline e dove la corsa rosa, da Vincenzo Nibali a Tom Dumoulin a Mikel Landa, magari dirà qualche verità in più.

Oggi si potrebbe già decidere chi brinda…Quaranta chilometri che possono segnare un po’ il destino di questo Giro ma che, se anche così non sarà, resteranno uno dei momenti più spettacolari di questa novantanovesima edizione. Ma la crono del Chianti non si prende gli applausi di tutti. Qualche polemica c’è. A cominciare da quella dei Comuni che sono rimasti fuori dal tracciato. Gaiole in Chianti tira la volata e non a caso. Perchè da quelle parti vent’anni fa è nata l'”Eroica”, sono nate le “Strade bianche” che poi è diventata la corsa dei professionisti conosciuta in tutto il mondo. Un salto nel passato che che ci ha messo un amen a diventare una classica. A Gaiole, da un’idea geniale di Giancarlo Brocci è nato, ma sarebbe meglio dire è rinato, un ciclismo che si ispira ad immagini antiche e che forse sarà quello del futuro. Con una filosofia che riporta ai tempi passati nelle bici e nelle maglie ma che è soprattutto eroico nei suoi contenuti che vanno alla ricerca dei valori e di un modo meno esasperato di vivere lo sport. Senza doping, con la finocchiona e la ribollita al posto degli integratori, con il Chianti nelle borracce…” Certo sono cose diverse- spiega Brocci – però è chiaro che la filosofia è quella di un ciclismo che torni alle origini, che spazzi via i dubbi, che dia la certezza ai tifosi che stanno ad aspettare i campioni su una salita che chi passa per primo non stia barando…”. La Crono del Chianti che non passa da Gaiole per Brocci è un piccolo sgarbo: “Si è vero- spiega- Perchè questa corsa è una scelta di marketing e allora non si capisce come mai non passi da Gaiole. Noi qui abbiamo cominciato a promuovere con il ciclismo la difesa di un territorio unico. Quando tutti volevano asfaltare le strade noi con L’Eroica abbiamo dato un’alternativa spiegando alle amministrazioni come conservandole così com’erano, promuovendole anche con il ciclismo, si sarebbero potute valorizzare. E di conseguenza si sarebbe potuto valorizzare il territorio. Una scommessa vinta e ora questa è una formula che stiamo esportando in tutto il mondo…”. L’Eroica che il prossimo ottobre compirà vent’anni infatti è diventata un marchio mondiale. E’ cresciuta e si è moltiplicata non solo perchè a Buonconvento ora si corre anche quella di primavera, non solo perchè racconta una grande storia di attese e di speranze e per vivere un riscatto che, dopo le Guerre, i nostri nonni e bisnonni si sono conquistati con il cuore e con le unghie. Non solo perchè fa rivivere un altro ciclismo, più rilassato, più godereccio rispetto alla frenesie di oggi, più contemplativo perchè c’è sempre il tempo di una foto o di un “selfie” come si usa da quando i telefonini sono entrati nelle nostre vite. E’ il ciclismo che torna eroico, diventato il successo che forse non si aspettava con gare che sono diventate altre gare, con ciclisti che si sono aggiunti ad altri ciclisti. Un popolo, migliaia di migliaia. Oggi l’Eroica è un made in Italy che esportiamo in Giappone, in Inghilterra, in Belgio in California e anche in Uruguay. “L’idea di far tornare a correre i professionisti sulle strade bianche- continua Brocci- è nata a Gaiole e infatti avevamo proposto al Giro di istituzionalizzare nella corsa una tappa Eroica…ma la risposta è stata quella di escluderci dalle mappe”. Giro ed Eroica quindi prendono strade diverse. E forse è un’occasione persa: ” L’Eroica è un patrimonio di toscanità e di italianità ormai consolidato- spiega Brocci- Si sostiene tranquillamente da sè ma è chiaro che portare in corsa i professionisti servirebbe stabilire definitivamente che questo patrimonio di strade va difeso e servirebbe anche a ridare linfa ad un ciclismo che oggi è sempre più uguale e meno appassionante. Mentre gli sterrati sono un elemento tecnico che fa la differenza e colpisce l’immaginario dei tifosi”. Non è a prima volta che Giancarlo Brocci prova a dare una scossa al mondo delle due ruote. Anni fa ci aveva provato con il Giro “Bio”, un Giro d’Italia baby che aveva dichiarato guerra al doping creando una manifestazione in cui i giovani corridori per tutta la durata della gara vivevano in spazi comuni, si muovevano su mezzi comuni ed erano sotto stretto controllo dei medici dell’organizzazione: “Un’esperienza rivoluzionaria che è durata quattro anni- ricorda Brocci- Che aveva coinvolto le 20 migliori squadre italiane e otto nazionali stranieri. All’inizio funzionò perchè la Federazione era al mio fianco ma anche perchè c’era Franco Ballerini a guidare la nazionale. Franco era una persona eccezionale ma soprattutto intelligente e aveva capito che per dare un segnale di cambiamento quell’esperimento si doveva fare, che quello era un test da cui si poteva partire. Mi aiutò tantissimo, fece da tramite con tutti i direttori sportivi”. Poi però dopo la scomparsa dell’ex ct azzurro l’aria cambiò. “Sì non solo per quello- spiega Brocci- Il Giro Bio poteva essere una svolta per tutto il ciclismo e forse un po’ avrebbe davvero potuto anche cambiarlo. Poi è finito come è finito perchè forse tutto il movimento non era pronto o non voleva cambiare…”. Fine. Oggi nel Chianti si torna a pedalare. Da Radda a Greve dove la Toscana è terra di cartoline, di campioni e di eroi. Ma non per tutti.

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