c34713f1-bdee-46c0-9788-79b99ed07ac1La storia di Giorgio Calcaterra è una storia d’amore per la corsa. La storia un uomo normale a metà tra Peter Pan e Paperino, come lui stesso ama ironizzare. E che domani alle 13.30 proverà a raccontare alla Libreria Hoepli di Milano presentando «Correre è la mia vita» il libro edito da Lswr e scritto con Daniele Ottavi. Chi corre sa perfettamente chi è Giorgio Calcaterra. La sua forza è la semplicità. La capacità di fare cose straordinarie con la semplicità dei grandi. Nella vita è un tassista romano che ama la sua famiglia e che ha avuto un padre unico che gli ha trasmesso valori sani e un’infanzia serena. Ed è proprio da questa normalità che emerge un campione che per lo sport azzurro è un valore aggiunto, è il biglietto da visita dello sport fatto con la passione dello sport, dello sport pulito che soprattutto in questi giorni viene continuamente messo in discussione. E l’atleta riservato, leale e determinato che tutti gli appassionati di podismo conoscono perchè, nonostante i titoli in bacheca, Calcaterra è rimasto uno di loro. Uno di noi.  Ha corso centinaia di maratone, anche 31 nello stesso anno, ottenendo vittorie  importanti  e riconoscimenti importanti  come quello della rivista Runner’s World che lo ha premiato per aver stabilito nell’anno 2000 un record mondiale: 16 maratone corse in un anno sotto le 2 ore e 20 minuti. Dal 2006 si è dedicato alle ultramaratone,  ed è il più forte specialista del mondo nella 100 chilometri su strada, specialità in cui ha vinto tre volte il campionato del mondo (2008, 2010 e 2012). Vanta anche un altro record: le 11 vittorie consecutive ottenute alla 100 km del Passatore (2006-2016) “Correre è la mia vita” è un libro autobiografico  dove, come scrive l’editore, Calcaterra apre i cassetti della sua memoria per regalare emozioni e riflessioni, permettendo a tutti  di entrare nel suo mondo di corridore libero e naïf. Si racconta con onestà e non esita a prendere una posizione molto forte sul doping e sugli interessi economici che dominano lo sport, da sempre una delle sue battaglie: “Alcuni valori si stanno perdendo e questo mi provoca un dolore viscerale perché mette l’etica dello sport a un livello subordinato rispetto al denaro- scrive-  Io non sono così.
 Correre è la mia vita.
 Quando lo faccio, mi sento libero. Voglio continuare a migliorare me stesso, senza limitarmi nel frequentare gli amici e partecipare a tante gare, perché solo questo modo di vivere la mia grande passione mi rende davvero felice.  Ascolto me stesso, come mi ha insegnato a fare mio padre”.