sanremo-52C’è chi quando pensa a Sanremo pensa al salone delle feste del Casino. A Domenico Modugno che canta Volare e che nel Blu dipinto blu scrive per sempre la storia di  un Paese che ancora fischietta. Pensa al  Festival,  ai Fiori, al Teatro Ariston  e alla galleria  dove una volta passava il treno e che ora è un monumento del ciclismo. Pensa agli  sprint di via Roma. A Coppi, Merckx, Bugno e Cipollini e alle telecronache di Adriano Dezan.  Poi c’è chi pensa al triathlon. Tanti, un po’ fissati, con la faccia di chi sta per fare qualcosa di importante e non vuole essere disturbato. Sono così i triatleti. Che vagano nelle zone cambio come se si stessero preparando per salvare il mondo. Pieni di piccole manie, gente che va in giro a piedi nudi , che si scrive i numeri col pennarello sulle braccia e sulle gambe, che si unge di vaselina, che gode nel far fatica, nel complicarsi una domenica dove il resto del mondo fa cose normali o più tranquille. E a Sanremo di solito la domenica ai Bagni Morgana si va in spiaggia. I nonni leggono il giornale, i nipotini smanettano sugli smartphone, le mamme si rosolano sulle sdraio, i papà che fumano, fumano e gli altri (quelli che non fumano) non vedono l’ora che arrivi il lunedì. Si va al mare nell’illusione vana che il caldo svanisca. Soprattutto in un settembre rovente che sembra luglio e soprattutto se è l’ultimo week-end tranquillo prima di ricominciare con il frullatore di elementari, medie e licei che per chi ha tanti figli sono un mix che servirebbe una “app” per sopravvivere. Però il triatlhon è un’altra cosa. Anche a Sanremo. Sono in 250 lì sul lungomare a cercare uno spicchio di ombra. Da ogni parte d’Italia, dalla Francia che è qui a un tiro di schioppo, dalla Germania, qualcuno dalla Svizzera e altri chissà da dove perchè “Sanremo è Sanremo” e vale per tutto. E allora ci si tuffa dai  Bagni Morgana, ai Bagni Italia, ai Bagni Arenella,  500 metri in un mare che sembra una piscina sotto gli occhi straniti di intere famiglie che  non capiscono ma applaudono. Muta vietata. Senza sconti, neppure per chi è avanti con l’età: “L’acqua è a 26 gradi e fuori ce ne sono più di trenta- spiega un giudice- vuoi morire di caldo?”.  Non c’è fretta. Anche perchè mentre nuoti sai cosa ti aspetta. E ci pensi. Sa che là fuori non c’è un metro di pianura. C’è la salita per Bussana e poi c’è il Poggio, dove si decide la Sanremo, e dove ti illudi che tutto sia finito svoltando a sinistra e puntando verso il mare. Invece no. Il volontario con la pettorina gialla dello staff è gentile ma non fa sconti: “Si prosegue fino a Ceriana…”. E non finisce più. Non finisce mai perchè un conto è raccontarle le salite, un altro è pedalarle con il sudore che si mischia al sale e ti incendia gli occhi. Poi finalmente si gira e si scende. Perchè c’è sempre un momento nella vita in cui si gira e si scende. Ma la discesa è solo un sollievo. Dura un amen. E sei già a Portosole, a correre tra barche da sogno e gente che se la gode e che basta guardarla per capire che piuttosto che fare quello che stai facendo tu, sarebbe pronta a salpare a remi. Finisce in quattro  giri con una boa dove c’è un “pompiere” con un getto di acqua fredda che ti rimette al mondo e non baratteresti neppure con dieci casse  di champagne. Con Fabio D’annunzio che sta agli speaker come il Vate alla poesia, e ad ogni passaggio, ad ogni numero , ad ogni faccia s’inventa un storia che ti fa piacere ascoltare.  Finisce con un mezzo miracolo e con Daniele Moraglia, che quest’anno, per mettere in piedi questo triathlon che gli hanno fatto spostare all’ultimo minuto di piazza e di bagni per motivi di sicurezza, ha perso un paio d’anni della sua esistenza. Con Elia Mozzachiodi , Timo Bottin e  Daniel Polizzi  sul podio maschile e con Camilla Magliano,  Laura Mazzucco e Stefania Moneta su quello femminile. Finisce con i camper che sbaraccano, con le auto con le bici sul tetto che ripartono e con un bus di turisti russi che si intruppa in una manovra che rischia di far saltare i nervi a una vigilessa che non sa più cosa fischiare. Finisce con il Telepass che si blocca, con un Autogrill dove prendere un caffè è peggio che rifare il Poggio e con 28 chilometri di coda da Borghetto santo spirito a Savona che fa tanto rientro intelligente. Ma Sanremo è Sanremo anche per questo…