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Non sempre fratelli e coltelli. Alistair e Jonathan Brownlee sono due dei triatleti più forti in circolazione, primo e secondo ai Giochi di Rio poche settimane fa tanto per ricordare l’ultima grande impresa.  Fratelli e rivali anche se Alistair, il più grande, spesso arriva davanti. Ieri  a Cozumel in Messico, nella tappa finale del campionato del mondo, invece era dietro. Secondo, mentre Jonathan andava a vincere un olimpico che poteva regalargli la corona mondiale. Ma a 500 metri dall’arrivo le gambe dell’inglese più giovane  si piegano, una crisi improvvisa e drammatica che lo fa sembrare uno di quei pugili colpiti all’improvvido da un gancio al mento,  che provano a stare in piedi reggendosi sulle corde del ring, ma che sembrano dover cadere da un secondo all’altro. Corre scomposto, barcolla con lo sguardo perso nel vuoto che non fa presagire nulla di buono. Alistair piomba alle sue spalle in rimonta, spalla a spalla con un avversario. Lo affianca, rallenta, impedisce ad un addetto di fermarlo poi mette il braccio del fratello sulle sue spalle e lo accompagna fino al traguardo lasciando la vittoria al sudafricano Henri Schoemann  che quasi non ci crede. I due fratelli inglesi arrivano secondo e terzo con Jonathan che stramazza dopo il traguardo ma non riesce a vincere il titolo mondiale che va allo spagnolo Mario Mola che arriva quinto e in generale conserva 4 punti in più. Finisce con una barella, con un viaggio in ospedale e  solo con uno spavento perchè il più piccolo dei Brownleee fortunatamente sta benone. Finisce con gli applausi che accompagnano una bellissima pagina di sport, di quelle che restano, che vanno fatte vedere ai figli, che avranno milioni di visualizzazioni si Youtube. Con l’ammirazione e con tutta le retorica del caso sul bel gesto di un atleta che rinuncia a vincere perchè vede il fratello in difficoltà e lo aiuta senza pensarci un attimo. E’ la storia perfetta da scrivere. Ma qualche domanda bisogna farsela. E’ giusto trascinare al traguardo un atleta in evidente difficoltà o andava fermato prima?  Ci sono limiti di sicurezza  che valgono per tutti, campioni compresi, perchè non sempre è eroico arrivare dipende anche da come si arriva.  E’ giusto convalidare un secondo posto che forse il campione inglese non avrebbe ottenuto contando solo sulle sue forze? Sarebbe un po’ come se sul Mont Ventoux la maglia gialla in crisi venisse spinta al traguardo da un amico, dalla moglie o da un fratello che lo sta aspettando all’ultimo tornante. E’ stato giusto non squalificare Jonathan Brownlee? La risposta fortunatamente non serve perchè il mondiale lo ha vinto ugualmente lo spagnolo Mario Mola ma se non fosse andata cosi? Domande. Che nulla tolgono al gesto straordinario di Alistair che tutti questi dubbi li spazza via perchè è già nella storia.