salaSi comincia dallo stadio, ma il discorso s’intreccia con il tira e molla che ha visto mestamente tramontare, con il no di Virginia Raggi, la possibilità di candidare Roma per i Giochi olimpici 2024. Governo e comitato olimpico non pare abbiano tanta voglia di mollare. Troppo importante per Matteo Renzi e Giovanni Malagò la vetrina olimpica, un ottimo serbatoio di consenso, un tesoretto garantito con una candidatura per i Giochi 2028 o per la sessione del Cio del 2019. E allora si riparte. Al primo salto l’asticella è venuta giù ma ci sono ancora un paio di tentativi. Più semplici, anche perché ci si sposta su una pedana amica, su Milano che per organizzazione e per affinità politiche sarà sicuramente più collaborativa della Capitale. Si comincia dallo stadio con un progetto. Un nuovo Meazza diviso a metà tra Inter e Milan che ieri Giuseppe Sala ha lanciato in una intervista alla Gazzetta dello Sport. «Lo stadio, nella mia idea, verrebbe sdoppiato con uno spazio esterno per l’Inter e uno per il Milan – ha spiegato il sindaco – Ci sono due aree utilizzabili: una è quella adiacente al Trotto che oggi potrebbe essere finalmente sfruttata, anche se c’è da fare una trattativa privata con Snai e l’altra è sul versante opposto, su terreni di proprietà comunale. Queste aree funzionerebbero come lounge per la ristorazione, l’hospitality, lo store». Addio nuovi stadi quindi. La storia calcistica milanese è passata dal Meazza e dal Meazza si deve ripartire anche perché, in attesa che si definisca il closing della cessione rossonera con i fondi cinesi, la sponda nerazzurra di Suning non vede l’ora di cominciare i lavori. «Andando avanti con la fantasia si può immaginare di dividere idealmente lo stadio non solo con lo spogliatoio dell’Inter da una parte e quello del Milan dall’altra – continua il sindaco – ma con tribune autorità e sky box da entrambi i lati e due ingressi separati. Metà stadio nerazzurro e l’altra metà rossonero. Il Comune sarebbe disponibile anche a cedere l’impianto, di fronte a un’offerta seria». Via così. Un primo passo, piccolissimo, verso un sogno a cinque stelle (non quelle grilline…) che attualmente se si pensa a come è messa questa città in fatto di impianti, sembra davvero solo un esercizio di stile. Ma Renzi e Malagò sanno benissimo che Sala non è la Raggi: «Intanto dico che mi dispiace per Roma – continua il sindaco – il progetto era molto serio e credibile. Bisogna aspettare settembre 2017 per l’assegnazione di quell’edizione: se fosse scelta Parigi, non ci metteremmo neanche a parlarne, ma se vincesse Los Angeles e quindi una città non europea, allora il Coni potrebbe pensare di candidare Milano per il 2028. Anzi, dico che sarebbe molto giusto farlo, a patto che l’Olimpiade fosse l’occasione per investire sull’impiantistica sportiva della città. La candidatura per la sessione Cio del 2019 sarebbe comunque uno snodo importante». È una strada nuova. Quella che passava da Roma non ha portato da nessuna parte, questa ha già qualche indicazione che indica la via. «Con Milano candidata ad ospitare la sessione 2019 del Cio inizia un nuovo percorso – spiega il presidente del Coni – Ne ho parlato col governatore Maroni e col sindaco Sala che si sono detti entusiasti. C’è qualcuno che ha ancora a cuore il nostro movimento e solo con questi interlocutori possiamo voltare pagina…». Come si dice in questi casi, se il buongiorno si vede dal mattino le premesse olimpiche ci sono tutte. C’è anche il benestare del governatore lombardo che ovviamente renziano non è, ma ha anche lui tutto l’interesse che i Giochi si facciano. Però non solo a Milano: «La candidatura ad ospitare la sessione annuale del Cio nel 2019 può essere il preludio della candidatura per le Olimpiadi del 2028 – ha detto il governatore – ma a me piace l’idea di fare Olimpiadi diffuse. Quindi non solo Milano, ma in tutti i territori della Regione». Roma addio quindi. D’ora in poi le olimpiadi «renziane» parleranno milanese. Ma anche un po’ «lumbard».