pedroSono pieni gli archivi dei giornali di storie che raccontano di genitori frustrati che obbligano i figli a fare lo sport che loro non sono riusciti a fare. Gli dettano i tempi degli allenamenti, gli fanno da mister, s’arrabbiano se non vincono e via così. E il risultato è uno solo. Non appena i pargoli raggiungono l’età della ragione salutano, ringraziano (mica tanto) e addio sogni di gloria. Dei papà, ovviamente. Storie frequenti. Talmente frequenti da essersi guadagnate un ottimo spazio nell’immaginario comune. E si fa presto a fare l’equazione: se sei un papà appassionato di sport e condividi questa passione con i tuoi tre figli quasi certamente la loro scelta non è stata una “libera scelta”. Così ti ripetono un po’ tutti. All’inizio cerchi di spiegare, di argomentare per convincere i tuoi interlocutori che non è  così, che hanno fatto tutto da soli poi però ti arrendi e lasci che ognuno pensi ciò che vuole. Un po’ come Massimo Troisi  in “Ricomincio da tre” quando cercava di spiegare a tutti quelli che glielo chiedevano che non necessariamente un napoletano in viaggio è un emigrante, che poteva anche viaggiare anche per diletto ma poi, dopo un po’, aveva lui pure rinunciato a ripetere.  Padri e figli che fanno sport. Se li pressi dopo un po’ si stufano e mollano il colpo se non li pressi se ne vanno lo stesso. Perchè anche se i genitori stanno alla larga, anche se lasciano fare agli allenatori senza mettere becco come è giusto che sia , anche se non spingono e non proiettano i loro sogni nel cassetto alla fine arriva sempre il momento in cui ti piantano in asso. La forbice si allarga, loro crescono alla velocità della luce e accelerano, tu per forza di cose  rallenti. Per un po’ provi a stare a ruota, a restare agganciato, a non farti staccare ma all’ennesimo strappo in acqua, in bici, di corsa devi alzare bandiera bianca.  Adieu! Troppa gioventù. Troppa energia. Troppo esplosivi, reattivi, agili per i tuoi muscoli che iniziano a imbolsire.  Così li vedi andare. Vedi che cambiano il passo, si alzano sulla sella e in un paio di pedalate se ne vanno per la loro strada.  Diventano un puntino che si allontana e che tu cerchi di non perdere di vista, continui a seguirli con lo sguardo,  non si sa mai, dovesse servire… Però è bello vederli andare. E’ un’emozione immaginare quante cose potranno conquistare, conoscere, scoprire. Speri di aver fatto tutto ciò che dovevi fare, come sulle portaerei quando prima di far decollare un caccia si controlla che tutto sia perfettamente in ordine. Poi si accendono i motori e via. Giusto così. Ed è inutile sprecare energie per provare a stargli dietro. Tanto poi tornano…