DDgd2c5WsAEFwgeDomani parte il Tour, così per le prossime tre settimane i pomeriggi diventano sacri. Ci si piazza lì, davanti al televisore per chi non ha la fortuna di seguire a corsa, e lì si sta. Anche se la prima settimana non succede quasi mai nulla, anche a gruppo compatto, anche se non ci sono fughe, salite, ventagli. Il Tour è il Tour, si segue a prescindere e guai a chi fiata. Il Tour è la storia del ciclismo, l’epica. la passione. Oggi il business di un evento monstre. E’ la corsa che ogni ciclista innamorato sogna di correre. Sono il Mont Ventoux e l’Isoard.  E’ il caldo torrido dei Pirenei. Sono le magliette sbottonate e le borracce svuotate in testa, sul collo, sulle gambe… E’ il ciclismo che, nell’estate della Grande Boucle, diventa l’essenza di uno sport che sa andare oltre ogni polemica, oltre ogni scandalo, oltre tutto. Da Dusseldorf, in Germania, ai campi Elisi fino al 23 luglio, tappa finale, sacra anche quella. Per  l’edizione numero 104  che , inutile negarlo, non sarà come le altre. Purtroppo nessuna edizione del Tour da qui in avanti sarà più come le altre. Dopo Nizza, dopo il Bataclan, dopo Notre Dame anche il Tour è nel mirino e i francesi lo sanno per questo una corsa già blindata di suo diventa sorvegliata speciale. Sperando che non serva ma soprattutto sperando che basti. Oltre  3.516 i chilometri  in 21 tappe con il il britannico Chris Froome tre volte vincitore  nel 2013-15-16  superfavorito, con  l’australiano Richie Porte a ruota, col colombiano Nairo Quintana che proverà a dire la sua per non farsi dimenticare.  Diciotto gli azzurri al via ma noi puntiamo tutto su Fabio Aru . Per le agenzie di scommesse il neo campione italiano vale 8 volte la posta giocata cioè non è tra i favoriti. Meglio così per chi ama la scaramanzia. E, sempre per chi ama la scaramanzia, va detto che Aru, come Vincenzo Nibali quando trionfò tre anni fa, correrà col tricolore addosso. Stessa squadra ( l’Astana) stessa maglia. Anzi no. Perchè il tricolore del siciliano nel 2014 si faceva fatica a trovare, messo com’era in un angolino della divisa. Quello di Aru invece è un Tricolore che trova lo spazio che merita. E, vada come vada, questa è già una vittoria.