tourNon c’è sempre la salita, lo scatto, la fuga. Ci sono giorni  in cui il Tour scorre lento, in cui succede poco o niente, giorni così… Difficili da riempire per chi deve commentare in tv, per chi deve raccontare una corsa che per ore non ha sussulti.  Giorni noiosi. Ma è una noia dolce. Che ricorda un po’ quella di quando da ragazzini, finita la scuola, ci si trovava in cortile nei pomeriggi d’estate cercando un angolo d’ombra per sfuggire alla canicola. Tanti anni fa non c’era quasi nulla dei marchingegni che oggi occupano la vita dei ragazzi. E infatti in casa non ci si stava neanche un minuto. Tutti fuori a inventarsi qualcosa ma anche a far niente, bastava un legnetto, un pezzetto di mattone per tirar due righe, una lucertola da cacciare per riempire un pomeriggio. Il Tour nei giorni di piatta è un po’ così. Scorre senza che nulla o quasi succeda. Ed è un lento andare che i telecronisti riempiono con quella chiacchiera tranquilla che ti fa compagnia. Spiegandoti qual è la differenza tra palmer e copertoncini, tra i freni con le ganasce e quelli a disco, che rapporti usano i professionisti sulle rampe dell’Isoard, che colazione fanno la mattina, come si vestono, come si svestono… Snocciolando statistiche, vittorie che furono, campioni andati e campioni che verranno…Le solite cose, che già si sanno, che già conosci ma che si stanno ad ascoltare lo stesso magari in tutt’altre faccende affaccendati.  Così socchiudi le persiane del salotto, ti sdrai sul divano,  ti godi le campagne e le foreste immense  del parco nazionale d’Oriente, i campi di girasoli, le distese coltivate, le vigne e i frutteti e  ti innamori di una Francia che  tutti pensano sia solo Parigi. Ti meravigli del tifo colorato dei “cugini” che  riempiono le strade come se il Tour, il loro Tour, fosse la festa e l’evento più importante di sempre. Ed è così davvero anche se è meglio non dirglielo perchè già se la tirano.  Ascolti  le voci di Pancani e Martinello che ti coccolano  anche un po’ e aspetti che il traguardo si avvicini . Che il traguardo arrivi. Ottanta, settanta, quaranta chilometri  che diventano dieci quando poi si comincia a far sul serio. Le squadre si organizzano i tre in fuga vengono riacciuffati a due chilometri dalla fine. Non è una beffa, è un calcolo preciso, funziona così. Poi lo sprint. Vince Marcel Kittel che fa il bis. Adrenalina, transenne, gomitate e polemiche. Come sempre. Ed è un sussulto che spazza via la noia e spezza la magia che  ti appassiona. E un po’ dispiace. Perchè il Tour che scorre lento dà il tempo ai pomeriggi di un’estate che  ti riporta indietro nel tempo. Quando, finita la scuola,  si aspettava di partire per le vacanze. C’erano lunghissimi pomeriggi da riempire. Sembravano noiosi…Erano una meraviglia.