Giustamente ci si indigna per un poveraccio di 53 anni, anzi “poveretto” perchè c’è differenza, che nasconde il motorino nella sua bici per vincere un prosciutto in un gara di strapaese. Ci si indigna perchè è il sintomo di uno sport “malato”. Ma se fosse solo un raffreddore? Già, perchè  poi senti le parole del “capo” dello sport italiano, Giovanni Malagò, durante la sua audizione in commissione Antimafia e ti si accappona la pelle. Ma dov’è finito lo sport? Lo sport dove è bello partecipare, dove la lealtà innanzitutto, dove ci sono valori da cui non si prescinde, dove non si bara, dove non ci sono ombre,compromessi,  interessi, dove vince sempre e comunque chi merita? Quello sport lì non esiste più da un pezzo e forse non è mai esistito. Ma un conto è sospettarlo o discuterne al bar, un altro è sentirselo dire dal Presidente del Coni: “Attraverso la procura generale dello Sport stiamo dedicando particolare attenzione al fenomeno del match-fixing  che, mi sento di dire, rappresenta ad oggi il contesto attraverso il quale il mondo delle criminalità cerca di sfruttare, inquinandolo, quello dello sport- spiega Malagò- Il processo di legalizzazione delle scommesse, nato per contrastare il circuito illegale e parallelo delle scommesse clandestine, ha generato nuovi metodi di condizionamento delle attività sportive”. Sulla lotta al match-fixing, insomma, c’è ancora molto da fare per contrastare ciò che si nasconde sotto la punta dell’iceberg per questo è auspicabile una sempre maggiore collaborazione tra gli organismi di polizia giudiziaria, delegati alle indagini, e quelli deputati alla giustizia disciplinare. “Il punto è la diversificazione delle puntate- ha continuato Malagò- Poter scommettere su ciascuna competizione sportiva relativamente a decine di combinazioni e di eventi rende di fatto incontrollabile il settore, poiché alcuni esiti afferiscono o possono riguardare anche solo un singolo giocatore, in grado di determinare il realizzarsi di un evento su cui si possono scommettere ingenti somme”. Alle sue parole fanno eco quelle del Procuratore generale dello sport, il generale Enrico Cataldi, che entra nei particolari mettendo il luce come ora “le scommesse incidano anche sugli sport individuali perché per perdere una partita di tennis basta accordarsi con se stessi. Ormai si scommette di tutto e su tutto…”.