gatFosse stato per me (poco  conta) Justin Gatlin non avrebbe corso la finale dei cento metri ieri sera a Londra.  Non l’avrebbe corsa perchè dopo due squalifiche per doping credo che un atleta vada radiato. Anzi. Se davvero si volesse far qualcosa di concreto per combattere sul piano normativo questa piaga ( su quello dell’antidoping è impossibile stare al passo)   la radiazione dovrebbe essere immediata nel caso della prima positività.  Il “licenziamento in tronco” sarebbe un bello spauracchio per chi con lo sport, gli sponsor, i premi  si guadagna da vivere e si eviterebbero tutti quei patetici teatrini di ricorsi, veri o finti pentimenti, vere o finte lacrime a cui ci siamo abituati negli ultimi anni. Ma non funziona così. Le regole non sono queste. Per il doping c’è perdono. Chi sbaglia paga e , dopo aver espiato la pena, giustamente viene riabilitato. Le leggi non si discutono, se non piacciono si prova a cambiarle.  Per Gatlin la storia più o meno è andata così.  Ma il nuovo campione del mondo dei 100 non è un ragazzino, ha 35 anni. E se uno a 35 anni  e dopo tutte gli “schiaffoni” che ha rimediato da Bolt in pista ha ancora voglia allenarsi, privarsi, sprintare e vincere,  il merito gli va riconosciuto. Viva il re quindi. Viva un re che tra l’altro dopo aver trionfato ha avuto anche l’umiltà di inginocchiarsi davanti al giamaicano. Un bel gesto, vero o finto non si sa, comunque un bel gesto e sicuramente preferibile a tutti quei teatrini che ci ha propinato in questi anni il sovrano che ha abdicato. Così il cerchio sarebbe chiuso. Bolt saluta, Gatlin prende il suo scettro, il pubblico fischia ma tra un po’ applaudirà e lo show può continuare. Ciò che non va, ciò che in tutta questa storia  stona e non è concepibile è Sebastian Coe : “La vittoria di Justin  Gatlin nei 100 metri non è stato il copione perfetto-  dice il  presidente della Iaaf, la Federazione internazionale di atletica- Non sono entusiasta che abbia vinto un atleta squalificato due volte per doping…”.  Perfetto. Anzi no, perfetto proprio per niente.  Ci manca solo che il baronetto della regina si metta a fare “buuh” come i suoi connazionali dagli spalti. Ma di che si indigna Coe? Se vuole cambiare il copione, se vuole cambiare le regole si dia da fare, qualche potere ce l’ha, non è il passacarte, l’usciere, l’ addetto al piano del Palazzo.  Se non fa nulla, non dica nulla. Non ha il diritto di dire nulla.  Gatlin ha scontato la sua pena, ha pagato il conto del suo imbroglio,  è tornato ad allenarsi, a lavorare sodo e  non ha mai mollato sognando una serata come quella di ieri. Ha tutto il diritto di godersela. Coe non vuole applaudire? Taccia.