CatturaBarcellona in scia. Scorrono su Youtube le immagini del’ultimo Ironman catalano e non lasciano nessun dubbio: si corre in gruppo anche se non si dovrebbe. Anche se si rischia il cartellino rosso. Anche se i patti dovrebbero essere chiari: ci sono le gare di triathlon dove la scia è permessa e  dove invece è vietata. E in quelle di lunga distanza non ci si può mettere a ruota. Così uno sceglie cosa fare, nel senso che al momento dell’iscrizione sa quali saranno le regole. E questo dovrebbe essere sufficiente a cancellare ogni polemica. Che senso ha iscriversi ad un triathlon no draft per poi mettersi in scia di chi ci sta davanti? Nessuno. Non ha nessun senso per atleti che non si giocano la vittoria e corrono per dimostrare soprattutto a se stessi di cosa sono capaci. I giudici dovrebbero servire a tener d’occhio solo chi si gioca il podio.  Per gli altri il discorso cambia perchè ( va detto) molti giudici chiudono non uno ma entrambi gli occhi sulle retrovie e prima di squalificare un amatore che per correre ha speso diverse centinaia di euro ci pensano bene.  E’ una legge di mercato, di un business  che ci vede allo stesso amatori, atleti e clienti. Ciò detto sarebbe logico quindi premiare la fiducia. Anche perchè che senso ha mettersi in scia per arrivare nei primi duecento, nei 250 oppure settantesimo? Mettersi in scia significa barare. E’ come doparsi, come correre con il motorino acceso, tagliare… Ma mettersi in scia è soprattutto tradire se stessi. Prendersi in giro, illudersi di poter fare ciò di cui in realtà non si è capaci. Chi va in bici sa che la scia conta. Conta parecchio, quasi un trenta per cento in meno di fatica, che in una gara lunga da 90 o 180 chilometri può davvero fare la differenza. Quindi attaccarsi a chi sta davanti cambia le carte in tavola. E che soddisfazione c’è a cambiare le carte in tavola in un sfida dove ognuno parte col desiderio di voler dimostrare soprattutto a se stesso di potercela fare? Qual è la logica di una truffa in uno sport e in una gara che sono invece l’esaltazione della propria capacità di autodeterminazione, della propria caparbietà, del propria voglia di misurarsi ? Qual è il premio? Quale l’orgoglio e la gratificazione di arrivare in fondo sapendo di aver utilizzato una scorciatoia? Anche se non se ne accorge nessuno, perchè spesso non se ne accorge nessuno, come si fa poi  spiegarlo a se stessi? Certo, con gli amici, nei selfie, pubblicando le foto eroiche di gare epiche, postando e condividendo imprese sempre più estreme siamo tutti superatleti e supereroi. Poi , quando si spegne il pc, arriva il momento di rendersi davvero conto di cosa si è stati capaci di fare. E lì non sono i giudici a dirci se siamo stati onesti..