C’erano una volta i bimbi che giocavano in cortile senza avere un telefonino in tasca e che tornavano a casa quando era buio. Oggi non ci sono più, o molto meno. È cambiato il mondo ma soprattutto sono cambiate le città. Sono prigionieri in casa: restano solo due ore all’aria aperta mentre cresce il tempo passato in compagnia solo del computer. Un po’ si sapeva. La tecnologia unisce il mondo ma rende virtuali molte relazioni che prima erano incontri, contatti, occasioni di gioco. E poi ci sono le nuove città, moderne ma ostili nei confronti dei bambini che spesso crescono in ambienti degradati, con strutture quasi mai pensate per favorire le opportunità di gioco e di movimento. Ma non è solo questo. Piccoli e adolescenti hanno minori possibilità di giocare e fare sport non solo per un oggettivo problema di sicurezza ma anche perché, soprattutto negli ultimi anni, le difficoltà economiche delle famiglie sono aumentate. Una volta per giocare a calcio, a basket per correre era sufficiente andare in un campetto o all’oratorio, portarsi un pallone e fare le porte con le cartelle di scuola. Oggi è tutto organizzato. Ci si deve rivolgere a scuole calcio, a società, ci sono schiere di allenatori, preparatori, psicologi, ci sono certificati medici obbligatori da compilare, quote e rette da pagare e via cosi. Fare attività sportiva costa e, quando bisogna far tornare i conti a fine mese, corsi e stage sono le prime voci che vengono tagliate. Bimbi in gabbia quindi? Sicuramente è più facile ed economico tenerli in casa. Per rendersene conto basta dare un’occhiata agli ultimi dati raccolti dalla ricerca «Lo stile di vita dei bambini e dei ragazzi», realizzata da Ipsos per Save the Children e Gruppo Mondelez in Italia nelle aree periferiche di dieci città italiane (Ancona, Aprilia, Bari, Catania, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Sassari e Torino). «La situazione è critica – spiega Raffaella Milano, direttore programmi Italia-Europa di Save the Children Italia. Cattive abitudini, difficoltà economiche, famiglie che non hanno più la rete di protezione di una volta con nonni, zii e parenti a dare una mano, fanno sì che spesso i ragazzi restino soli in casa. E ciò mette in pericolo la loro socialità ma anche la loro salute perché si muovono poco, passano molte delle loro ore connessi e mangiano male». Quasi un bambino su cinque (17%) in Italia non fa sport nel tempo libero e per il 27% di loro è una scelta obbligata, dettata dalle scarse possibilità economiche delle famiglie. Circa un minore su dieci, invece, non pratica attività motorie neppure a scuola (11%), per mancanza di spazi attrezzati o per l’assenza di attività nel programma scolastico. I ragazzi trascorrono dentro le quattro mura molto del loro tempo libero (62%), anche perché non ci sono spazi all’aperto dove incontrarsi o, anche quando ci sono, sono sporchi e poco sicuri (66%). Solo il 44% dei ragazzi dichiara di trascorrere con i genitori più di un’ora durante le giornate lavorative, situazione che migliora nel weekend dove però quasi un bambino su quattro (23%) passa comunque meno di un’ora al giorno in attività coi propri genitori. Quando i ragazzi sono a casa, in media trascorrono 55 minuti al giorno su internet, 47 minuti giocando con i videogame; dal lunedì al venerdì passano in media 71 minuti al giorno davanti alla tv, tempo che si allunga a 84 minuti nei fine settimana. «Le difficoltà economiche delle famiglie e la mancanza di spazi pubblici adeguati obbligano molti bambini e ragazzi a rimanere in casa per molte ore. Per questo motivo rischiano di diventare sempre più sedentari e disabituati a confrontarsi coi loro coetanei – dice ancora Raffaella Milano -. Ci sono bambini e ragazzi che, anche solo con un parco giochi, degli alberi e delle panchine, potrebbero cambiare le loro abitudini».Certo, le nuove tecnologie, oltreché essere presente e futuro della vita dei ragazzi, sono una risorsa da cui non si può prescindere. «È chiaro che non vanno demonizzate – spiega la Milano -; se non diventano il sostituto della realtà sono la giusta via, in caso contrario ci si deve cominciare a preoccupare». Il rischio è quello di una generazione sempre più connessa ma in realtà anche sempre più disconnessa, con quattro milioni di minori in condizioni di deprivazione ricreativa e culturale. L’identikit lo tracciano gli ultimi dati Istat che dicono ad esempio che i ragazzi leggono un po’ di più degli adulti ma pur sempre pochino: nel 2014 tra i 6 e i 17 anni poco più di uno su due aveva aperto un libro nei dodici mesi precedenti l’intervista (il 51,6%). Inoltre, pur vivendo nella nazione che vanta un patrimonio artistico, archeologico e naturale tra i più vasti e importanti del mondo, poco meno di un minore su due ha visitato una mostra o un museo (44,8%) e appena uno su tre un’area archeologica. Ma occasioni di movimento non si esauriscono però nella pratica sportiva e la sedentarietà dei ragazzi si conferma un tratto distintivo: un intervistato su quattro dichiara infatti di camminare non più di 15 minuti al giorno, dato che aumenta a uno su tre nel Centro Italia; solo il 4% afferma di percorrere a piedi più di un’ora al giorno. Due su cinque vanno a scuola accompagnati in macchina da un familiare e gli altri si muovono utilizzando mezzi pubblici (17%), a piedi (28%) o con la bicicletta (15%).