italia-svezia-eder-facebook-nazionale-italiana-di-calcio-nh31p0ubrdvslbwd2s56p1ysrcdg30at8la0okhmgwE se il calcio non c’entrasse? L’Italia se San Siro non fa il miracolo, dopo sessant’anni, alla fase finale dei mondiali russi non ci va. E pazienza, viene da dire. Pazienza, soprattutto per chi non mastica calcio a colazione e a cena, pazienza perchè ovviamente ci sono cose molto più importanti e i drammi veri sono altri. E pazienza anche perchè, se la Svezia è più forte e la nostra nazionale è una squadra ormai spenta, impaurita e sull’orlo di una crisi di nervi alla ricerca di un’identità che il suo allenatore non le ha mai dato, è forse il caso di rendere onore agli avversari. Nello sport funziona così, nel calcio meno perchè il significato della sconfitta viene spesso travisato con un’affannosa ricerca di alibi e giustificazioni.  Ma nel caso di un mondiale di calcio che sfuma forse il discorso è un po’ diverso. Dal punto di vista dell’immagine per un Paese che nello sport ( ma non solo nello sport) sta perdendo eccellenze e si sta sempre più allinenado verso il baso e dal punto di vista economico. Un mondiale non è infatti solo un evento sportivo, ma una sorta di Expo per il Paese che vi partecipa ed essere eliminati secondo le previsioni dell’ Ufficio studi di Confcommercio avrebbe delle pesanti  che potrebbero andare a pesare sulle nostre imprese e sull’export. Le sfide Mondiali in passato hanno inciso addirittura sul Pil . I dati negli anni successivi alle vittorie di Spagna ’82 e Germania 2006 sembrano confermarlo: nel 1983 il Pil è passato all’1,4% rispetto al +0,7 del 1982. Nel 2007 la crescita fu dell’1,9%. L’anno successivo alla vittoria degli azzurri nel campionato mondiale di calcio del 2006 in Germania, l’economia nazionale era cresciuta con un aumento record del 4,1% del Pil a valori correnti. Un effetto che ha valorizzato le vendite nazionali all’estero e  del made in Italy nel mondo. C’è un business collegato: dai nuovi dispositivi tv acquistati nell’anno dei campionati, al mercato dei diritti tv e pubblicitario, ai viaggi, al turismo, al merchandising. Per tutto questo se lunedì sera i ragazzoni svedesi manderanno a casa l’intristita banda di mister Ventura il prezzo da pagare pe il nostro Paese potrebbe essere caro proprio in un momento in cui, da più parti, si rivedono al rialzo le stime sul Pil: l’ultima è stata Moody’s con una previsione 2018 del +1,3%. Secondo alcuni calcoli, la vittoria ai Mondiali varrebbe tra i 15 e i 18 miliardi. Ma non parteciparvi metterebbe a rischio almeno 10 miliardi di mancati incassi Paese tra diritti Tv, pubblicità (4 miliardi potenziali), mancate vendite (quindi consumi) a 360 gradi. E, come riportavano poche settimane fa le pagine dell’economia del Giornale, a credere nell’influenza positiva della coppa del mondo sono anche le banche d’affari come Goldman Sachs che in un report ha ricordato come nel luglio del 1982, e in quello del 2006 (il mese dei trionfi), Piazza Affari ha garantito ritorni del 3% mese su mese. Ebbene, la squadra vincitrice regala effettivamente al suo listino nazionale una sovraperformance del 3,5% sugli altri mercati, ma l’euforia dura solo un mese e poi si assesta. Un beneficio analogo (+2,7%) lo otterrebbe anche la nazione ospitante; di contro, per gli sconfitti il trauma collettivo pesa per un -2% sugli scambi.