olmo“Correrò fino alla fine…” aveva detto  qualche anno fa Marco Olmo, sul palco del Festival delle storie organizzato, con la passione che serve,  da Vittorio Macioce nel cuore della Valle di Comino,  terra di “mezzo” dove la Ciociaria accarezza Abruzzi e Molise, come si diceva una volta . Correrò fino alla fine e vincerò fino alla fine però si dovrebbe dire.  Marco Olmo aggiunge un altro tassello alla sua leggenda.  Sembra incredibile la sua storia ma  non lo è. Più  e concreta che mai, senza fronzoli, social e selfie. Reale come la sua vita, i suoi racconti, le sue mani. Antica come il suo sguardo che  continua a guardare lontano. E così a 69 anni “profilo d’aquila”, come lo chiamano i francesi, vince l’Ultra Africa Race in Mozambico.  Ventitrè ore 16 minuti e 28 secondi per correre di 220 km, in cinque tappe, con 3.600 metri di dislivello in completa autosufficienza.  Dal lago di Nhambavale fino a Jangamo Beach sull’Oceano nel Sud del Mozambico.  La storia continua. Dalle imprese all’Ultra Trail del Monte Bianco, ai successi nei deserti di tutto il mondo, all’ultima vittoria, un anno fa  all’Ultra Bolivia Race che, solo chi non lo conosce , poteva pensare fosse l’atto finale di una carriera sportiva che in realtà è una scelta di vita, un ruvida filosofia. Correre fino alla fine. “Correre fino alla fine come gli animali…” ripete sempre Marco Olmo da Robilante che è un incrocio tra un camoscio e un dromedario, che non conosce la fatica. Anzi, la conosce benissimo perchè  lui è uno che  ha lavorato sodo, una vita di sudore  sui camion e sulle ruspe nelle cave.  “La fatica esiste, eccome se esiste- mi raccontava qualche tempo fa in un’intervista- Ma ognuno è padrone del suo corpo. E’ inutile barare . Doparsi è come modificare la centralina al motore di una macchina: va di più, però, se si rompe il motore della macchina lo cambi, se si rompe il nostro hai finito lì. Muori.  Ognuno poi paga o con la sua coscienza o con la sua salute. E prima o poi il conto arriva sempre”.   Ma non è tempo ancora.  C’è ancora la voglia di star seduti al tavolo, di continuare, un passo dopo l’altro, ad assaporare fino in fondo quel dolce tormento che dà linfa alla vita.