froLa lotta al doping? Da Armstrong a Froome è solo ipocrisia. Guerra di potentati, di cordate politiche, di sponsor che investono denari, di protezioni e silenzi più o meno ufficiali. Il doping tra i professionisti c’è. Eccome se c’è.  Ce n’è anche tra i il dilettanti, probabilmente di più e sicuramente più assurdo e più patetico in un drammatico fai-da-te che mette a rischio la pelle di molti alla ricerca di una vanagloria da esibire al bar con gli amici. Una banda di poveretti. Il doping c’è e non è una eccezione, giustificato da enormi interessi ed enormi guadagni che muove oggi lo sport, da destini politici che può determinare, da carriere più o meno fulgide ma non riguarda ( sia chiaro) solo il ciclismo. Però il problema non è il doping. Il problema è l’antidoping che quella piaga dovrebbe combattere ed invece spesso alimenta i dubbi, spesso si perde in buchi neri che inghiottono bubboni e speranze. Chris Froome positivo al salbutamolo non è una notizia shock come titolano da stamattina i notiziari di radio e tv. Per assurdo è una non notizia. Perchè Chris Froome positivo ad un farmaco che serve a curare l’asma probabilmente quel farmaco lo ha preso proprio per curarsi dalle crisi che ha avuto alla Vuelta, perchè in realtà quel farmaco l’ha sempre preso e perchè con tutto l’apparato medico-tecnico- scientifico del team Sky che ha alle  spalle sarebbe  assurdo credere di farla franca per un campione del suo calibro,  leader di classifica che ha l’obbligo quotidiano dei controlli. Ma il problema non si sposta di una virgola. E l’ipocrisia dell’antidoping è tutta qui. Curioso infatti che Froome, dopo anni di sospetti, venga “pizzicato” proprio a pochi mesi dal cambio al vertice del ciclismo mondiale che al Congresso dell’Unione Ciclistica Internazionale ha eletto come presidente il francese David Lappartient al posto dell’inglese  di Brian Cookson.  Curioso ma non troppo finchè doping, antidoping , poteri e politica si mischiano. E allora, sarà certamente un caso, ma si fa presto a pensare male.  Anche perchè, più o meno, la stessa cosa era successa a Lance Armstrong altro “demonio” dello ciclismo mondiale, lasciato libero di doparsi e di vincere sette Tour de France finche serviva e poi annientato quando l’aria è cambiata e probabilmente era diventato ingombrante. Il doping esiste, l’antidoping non sempre e il problema è tutto qui. Che fare? L’unico modo per uscirne sarebbe quello di applicare una misura basica per tutti senza distinzioni di federazioni, poteri, logiche e convenienze: squalifica a vita per chi finisce nella rete. Il resto è solo un esercizio di retorica che serve ad alimentare dubbi e favole metropolitane: dalle bistecche, ai ravioli, alle pompette per gli asmatici.