proIl ciclisti sono a rischio? Può essere, ma alla fine è sempre meglio pedalare. Asma, prostata, funzioni urinarie e sessuali compromesse dalle troppe ore in sella? Paure più o meno condivise, dubbi più o meno chiariti, studi che  a volte sostengono una tesi, altre il contrario. L’ultimo in ordine di tempo è quello  portato a termine da un gruppo di ricercatori dell’Università della California di San Francisco  pubblicato di recente  sul Journal of Urology. Gli studiosi americani, dopo aver messo sotto controlllo  oltre 2700 ciclisti provenienti dal Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda, insieme a 539 nuotatori e 789 corridori, attraverso una serie di test e di questionari che misuravano la salute sessuale e la funzione urinaria, sono arrivati alla conclusione che il ciclismo non influisce negativamente sulla salute sessuale e sulla funzione urinaria degli uomini. E anche se tra qualche mese magari arriverà una ricerca che sosterrà esattamente il contrario, fa piacere leggerlo perchè lo studio “californiano” smonta uno dei timori più comuni tra chi pratica questo sport.  Gli studiosi hanno trovato che non c’è alcuna differenza significativa tra la salute sessuale e la funzione urinaria degli atleti nelle diverse discipline con risultati compatibili in tutti e tre i gruppi, anche se alcuni ciclisti erano più inclini a stenosi uretrali, ovvero a restringimenti dell’uretra.  “I benefici del ciclismo superano di gran lunga i rischi- spiega Benjamin Breyer, l’autore dello studio-  offrendo enormi benefici cardiovascolari  con un basso impatto sulle articolazioni e non è stata riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa tra il ciclismo ad alta intensità,  cioè quello di chi pedala  più di tre volte a settimana,  e quello ricreativo”.  Non è la prima volta che la ricerca approfondisce e cerca di spiegare se vi sia un nesso causale tra le patologie sessuali e urinario e la pratica ciclistica.  Tre anni fa anche  i ricercatori dell’Università di Medicina di Londra avevano preso in esame un gruppo di uomini-ciclisti e un gruppo che non faceva attività sportiva. E anche in quel caso semaforo verde. Dopo mesi di osservazione era stato infatti scoperto che non esisteva nessuna correlazione scientifica tra l’uso della bici e lo sviluppo di problemi relativi alla prostata anche se il campione di praticanti  aveva una percentuale di scoperta di problemi prostatici maggiore di quella dei sedentari. Il motivo?  I ricercatori inglesi hanno poi  spiegato che la sospetta diffusione di patologie prostatiche nei ciclisti non era dovuta a un rapporto diretto sella- prostata ma solo ad una maggiore frequenza dei controlli a cui si sottopongono gli atleti e al fatto che i ciclisti sono più propensi a farsi visitare e quindi a farsi diagnosticare tali patologie.