«Io di notte dormo poco, così spesso mi capita di pensare a come migliorare un progetto o una bici. Non ho studiato all’Università ma ho fatto 25 giri d’Italia e ho servito squadre e campioni. Nasce tutto così…». Ottantasei anni e non sentirli. Ernesto Colnago festeggia il suo compleanno, presentando sul palco dell’Unicredit Pavilion di piazza Gae Aulenti, nuovo cuore pulsante della Milano più vicina all’Europa, la «C64». É la sua nuova creatura, un gioiello in carbonio completamente fatto a mano che ha subito un bella cura dimagrante e pesa poco più di sei chili e mezzo, 200 grammi in meno rispetto alla vecchia “C60”. Più leggera ma anche più rigida, “più cattiva e più reattiva… ” assicura Fabio Aru che sono mesi che ci pedala. Un fuoriserie a due ruote che va ad allungare la storia dei modelli che escono dalle officine di Cambiago che sarà disponibile in 14 misure e sette colorazioni,  anzi una in più che però è unica e irripetibile realizzata con i colori dell’armata Mapei e che Colnago ieri ha regalato ad un emozionatissimo Giorgio Squinzi. Cambiano molte cose a cominciare dalla congiunzione dello sterzo  che ha una nuova forma che migliora il controllo dell’avantreno alla  forcella ridisegnata nella parte alta, per una quarantina di grammi in meno . Ridisegnata la parte centrale del tealio col passaggio dei cavi all’interno, in corrispondenza della parte alta del tubo obliquo. Più in basso, vicino alla scatola movimento i foderi bassi del carro hanno sezioni diverse: quello destro di dimensione maggiore perchè deve reggere l’impatto della trasmissione, quello sinistro più contenuto per garantire maggiore rigidità. Non c’è più il collarino reggisella che  è stato integrato nella parte bassa del tubo orizzontale. Rivista anche la zona freni che permette così di ospitare ruote con copertoncini fino al 28 che ormai sono quelli che si usano di più anche tra i professionisti. Ovviamente freni a disco ma anche una versione “tradizionale”.  Una presentazione in grande stile, un evento con tutto il gotha del ciclismo, e non solo del ciclismo, a santificare uno stile non è solo una bici nuova. E’ l’omaggio ad un imprenditore di una generazione che non c’è quasi più, che è diventato un simbolo del made in italy, che ha raccolto l’eredità storica di un’industria che in Italia fatica a ritrovarsi, che sono valori e radici, il tessuto sano di un Paese che ha le mani grosse e non ha perso la voglia di andare a bottega. Due anni di lavoro, di studi e di progettazione  per mettere in strada una Colnago su cui quest’anno salirà  il campione italiano Fabio Aru: «Sono felice di tornare a correre con Colnago – ha detto ieri arrivando in bici sul palco- Dopo cinque anni con l’Astana avevo bisogno di cambiare e di fare una nuova esperienza. Tra una decina di giorni nel Tour di Abu Dabi annunceremo quale sarà il programma delle gare a cui parteciperò…». Ma se Fabio Aru è il presente e il futuro a rendere omaggio al «Cavalier» Ernesto ieri c’era un po’ tutto il suo ciclismo. Una storia di amicizie, di bici passate dalle ammiraglie, di intuizioni e di vittorie. A cominciare da Giorgio Squinzi, l’ex presidente di Confindustria, che con la Mapei ha tagliato a mani alzate quasi 700 traguardi, ha scritto la storia della Roubaix vinta con la prima bici in carbonio costruita proprio a Cambiago . Da Beppe Saronni, il corridore più amato dall’Ernesto, che oggi è al timone proprio di quella Uae Emirates dal cuore italiano che ha rilanciato la sfida, a Toni Rominger, da Pavel Tonkov a Paolo Savoldelli a Gianni Motta tanti giri d’Italia messi in bacheca, ad Andrea Tafi, l’ultimo azzurro a trionfare nella Parigi-Roubaix. Tutti lì a rendere onore ad un signore che dalle forcelle dritte, al carbonio ai freni a disco nel ciclismo ha sempre innovato e che ad 86 anni ha ancora la capacità di pensare veloce in un mondo che va velocissimo: «Qual è la bici a cui sono più affezionato? Non chiedetemelo…Per me sono come dei figli, ognuna diversa dall’altra, ma le amo tutte»