beccaSi apre il portone del carcere Beccaria sull’erba di un campo di calcio a cinque su cui giocheranno in sette. Erba sintetica, ma fa lo stesso. É perfetta per prendere a calci un pallone e una vita che per i ragazzi che stanno qui dentro finora non ha detto benissimo. Ma si perde e si vince, lo sport e il calcio insegnano. Si perde e si ricomincia, questo il senso di una partita che a quindici, sedici, diciassette anni è ancora tutta da giocare. E allora si scende in campo. Nel bel mezzo di un carcere che ti osserva dalle grate delle celle, che batte sulle inferriate, che applaude, che si lustra gli occhi davanti ad Alessandro Costacurta che dà il calcio d’inizio ad una vventura straordinaria che vedrà il Beccaria in campo con una squadra vera in un torneo vero. «Billy» qui è come una finale di Champions, è da cori in curva, come quando giocava. E’ forse il nuovo corso di una Federazione che ha voglia di cambiare. Sono i ragazzi che lo applaudono, che lo toccano, che si fanno firmare le maglie, che palleggiano e che sognano. Perchè non se lo aspettavano. Non si aspettavano tanto. «In Fderazione stiamo cercando idee come questa- spiega il vicecommissario della Figc- E vi posso dire che il laboratorio che si è tenuto nei giorni scorsi a Coverciano non è finito lì ma finisce qui. Oggi…». Fischio d’inizio sul campetto del Beccaria dove Alex, Azim, Faouzi, Davor, Iassim e tanti altri come loro da mesi hanno deciso di santificare il venerdì allenandosi sul serio. Corsa, scatti, ripetute, punizioni, qualche accenno di schema come una squadra vera. «Come una squadra normale…» spiega Massimo Achini per quasi un decennio alla direzione del Centro sportivo italiano e da un paio d’anni è presidente del Csi Milano. É lui allenatore: «Tutto ciò che fuori è normale qui dentro è straordinario- racconta- Abbiamo fatto una trentina di allenamenti, qualche amichevole, presto un quadrangolare e poi un campionato e sono orgoglioso di questi ragazzi. Non è la prima volta che lo sport entra in carcere ma qui è diverso perchè i ragazzi hanno preso l’impegno. Molti non se la sono sentita, ad altri il progetto non interessava ma chi è rimasto si è preso la responsabilità di far sul serio». Responsabilità, fatica, impegno, vittoria e sconfitta. Sono precetti fondamentali nello sport ma anche nella vita: «Chi fa parte di questa squadra non ha più scuse, non ha più alibi- racconta Giorgia, una delle ragazze del Csi che seguono il progetto- Questi ragazzi hanno dimostrato che sanno impegnarsi, che sanno applicarsi, che sono capaci. Chi è qui è perchè ha fatto errori, in un certo senso perchè ha perso. Ma lo sport, il calcio insegnano che dopo una sconfitta si può ricominciare». Quindi palla al centro. Sempre. Con il primo calcio di Alessandro Costarcurta che passa palla a Don Stefano Guidi, il responsabile degli oratori Milanesi che porterà qui i ragazzi della Diocesi a giocare e a Don Claudio Burgio, Fondatore dell’associazione Kayrós che dal 2000 gestisce una comunità di accoglienza per minori e adolescenti. «Meno questi ragazzi si allenano qui dentro meglio è- racconta sorridendo- il Beccaria è solo una tappa ed è bene che finisca in fretta. L’importante però è continuare fuori ciò che si è provato ricostruire. Anche nello sport. Noi in comunità abbiamo una squadra che fa campionati Csi, ogni tanto vinciamo, ogni tanto facciamo risse…Ma la cosa fondamentale è stabilire il contatto tra questi due mondi». Ed è una piccola magia che si compie tra un traversone che va alto sopra la traversa e finisce oltre filo spinato e un paio di dribbling troppo insistiti quando invece bisognerebbe giocare facile. Così là dove comincia il prato verde per qualche ora finisce il carcere. E’erba sintetica. Ma sembra tagliata di fresco…