bici_mareDipende…”Ma tu in ferie pedali o ti piazzi sul lettino in riva al mare e dormi?”. Un paio di giorni fa, in pieno clima agostano a Milano che è quello  in cui te la godi questa città bellissima piena solo di turisti, quindi vuota, dove tutto sembra scorrere più lento e più facile, la discussione nello spogliatorio della palestra girava su questi argomenti. Non una gran discussione, lo ammetto, ma tra una mutanda da mettere, un calzino da togliere, il gel sui capelli e un phone che andava comunque un po’ ci siamo appassionati. Due scuole di pensiero, due modi di intendere le ferie,  probabilmente due modi di vivere. E così c’è chi parte con scarpe, pantaloncini e canotta o “addirittura” con la bici da corsa e chi invece la borsa la lascia a casa sulla panca in giardino. E stacca. Per quanto mi riguarda la vacanza è sport. Il momento migliore per godersi un allenamento magari in riva al mare o sulle salite di qualche montagna senza dover centellinare il tempo e senza l’incubo di dover tornare al lavoro qualche ora dopo. e negli ultimi anni sono sempre di più quelli che la pensano in questo modo. Vacanza in bici, pedalando e viaggiando. Crescono gli appassionati di questo «viaggiare lento» che non è riservato solo a chi ha gambe e cuore allenati. Una cultura della vacanza che all’estero è consolidata ma che anche da noi comincia a crescere. I dati parlano chiaro visto che solo lo scorso anno, secondo Unioncamere, questo settore ha contato 42 milioni di presenze e un impatto economico di quasi 5 miliardi di euro. Certo, l’Italia non riesce ancora a tenere la scia europea dove il cicloturismo genera un indotto economico di 44 miliardi, con due milioni di viaggi e venti milioni di pernottamenti l’anno. I numeri del 2015 del Ciset, il Centro internazionale di studi sull’economia turistica, lo confermano. Rispetto ad altri Paesi europei siamo agli esordi per numero di cicloviaggiatori: solo un 3% si sposta in bici mentre, tanto per fare un esempio, oltre il 40% dei tedeschi quando parte porta in viaggio con sé la bici. Le principali destinazioni turistiche sono quelle forniscono servizi e tracciati protetti: Austria, Danimarca e Francia. L’Italia è ottava in classifica grazie alle piste ciclabili del Trentino e dell’Alto Adige, alla Toscana, al lago di Garda e al lungo Po di Ferrara e provincia. C’è una filosofia da spiegare. Viaggiare in bici è un modo prendersi una pausa. Si va più lenti, senza fretta, sulle strade meno battute in assoluta libertà, cambiando i ritmi perché è facile fermarsi e ripartire. La vacanza è il viaggio stesso, con il suo scorrere silenzioso e paziente, con le deviazioni inaspettate, con le mappe che spesso si perdono, con le soste impreviste perché si incontra un borgo, una trattoria, uno scorcio che merita una foto. Con il sole, con la pioggia, con gli imprevisti perché capita (eccome se capita…) di forare e di riparare, di sporcarsi le mani di grasso, di dovere fare i conti con qualche bullone che si allenta, di dovere metter mano a brugole e cacciaviti. Negli ultimi anni il nostro Paese si sta adeguando. Sui percorsi ciclabili sono spuntate le prime stazioni di sosta dove è possibile fermarsi, mangiare, riparare e dormire, crescono le offerte dedicate a chi ha voglia di pedalare e molte regioni stanno provando a incentivare un settore che ha grandi potenzialità anche dal punto di vista occupazionale. L’agenzia del Demanio pochi mesi fa ha emesso un bando in cui offre gratis, agli under 40, vecchie case cantoniere, locande, ostelli, piccole stazioni, caselli idraulici da recuperare e pronti a diventare strutture turistiche per chi viaggia su due ruote. Non solo. Dalla Romagna alle Dolomiti, dall’Umbria alla Lombardia stanno aumentando i chilometri segnati, le ciclopedonali e sono sempre di più e i vecchi tragitti delle linee ferroviarie dismesse si trasformano in percorsi. Tanti gli esempi: in Calabria la ex ferrovia Crotone-Petilia Policastro, alla scoperta della biodiversità del Marchesato crotonese, in Lombardia i dodici chilometri della Saronno-Seregno, la Arcisate-Stabio o il tratto lungo la linea Varese-Porto Ceresio dove si può ammirare la bellezza della valle della Bevera. E ancora in Umbria i 51 meravigliosi chilometri della Spoleto-Norcia restaurati e recuperati dopo quasi mezzo secolo di abbandono e in Veneto il tratto costruito dall’esercito nel 900 per trasportare le truppe da Treviso fino ad Ostiglia nel Mantovano.  Ma progetti ci sono anche in Piemonte, in Sardegna e in Abruzzo e Molise. All’estero le vie classiche sono in Austria con la ciclopedonale sul Danubio da Lienz a Vienna o con il giro del lago di Costanza, in Belgio con l’imperdibile giro della Fiandre, in Germania seguendo il corso del fiume Altmuhl in Baviera da Gunzenhausen a Regensburg oppure in Spagna da Valencia ad Alicante in un tragitto di costa tra mare, sole, cerveza, tapas e paella. Aumentano anche i privati che scommettono su un turismo che funziona e che rende. Così molti hotel diventano Bike hotel, molti agriturismi diventano «amici dei ciclisti», molte strutture puntano sull’accoglienza alle due ruote con una serie di servizi che vanno dall’ospitalità, alle officine, ai punti di lavaggio, alle colazioni e ai menu pensati apposta per chi pedala.