ironman_hawaiiCi siamo. Sabato 13 ottobre a Kona nelle Hawaii si disputa la finale mondiale del circuito Ironman che fa cifra tonda con la 40ma edizione. Una gara mito, simbolo, la madre di tute le sfide per chi ama questo sport, una finale riservata ai migliori, l’università e la consacrazione del triathlon di lunga distanza.  Assente uno dei favoriti il tedesco Jan Frodeno per un infortunio al via ci saranno i due campioni in carica il tedesco Patrick Lange e la svizzera Daniela Ryf. Lange che cercherà la sua seconda vittoria a Kona, dovrà guardarsi anche questa volta dal canadese Lionel Sanders  che gli ha dato filo da torcere fino all’ultimo lo scorso anno, dal  connazionale Sebastian Kienle che qui ha vinto nel 2014 e dal britannico David McNamee che lo scorso anno è salito sul terzo gradino del podio. Non solo. A giocarsela ci proveranno anche tanti altri big come lo spagnolo Javier Gomez Noya, lo svedese Patrick Nilsson o il belga Frederick Van Lierde tanto per citarne alcuni e i nostri due azzurri. Giulio Molinari che ritorna alle Hawaii dopo il 28esimo posto dello scorso anno  grazie alla qualificazione ottenuta nella prova danese di Copenhagen e Alessandro Degasperi, per la terza volta a Kona,  che proverà a migliorare il 20 posto della stagione scorsa.  Tra le donne la Ryf dovrà guardarsi anche quest’anno dalla britannica Lucy Charles, dall’australiana Sarah Crowley  che lo scorso anno salirono sul podio e dall’attesissimo ritorno della tre volte campione del mondo l’altra australiana Mirinda Carfrae. Della spedizione azzurra fanno parte anche 31 atleti age group ( 28 uomini e 3 donne)   che hanno conquistato la slot per la finale.  Ma che gara è Kona? Perchè è tanto ambita, difficile, complicata? Quali sono (se ce ne sono)  le tattiche? Come si corre? Dove si vince e dove si perde? Tante domande a cui aveva come sempre ben risposto qualche anno Fabio Vedana , fa uno dei coach più quotati in cicrcolazione, in una intervista che val la penna di rileggere…

 

 

 ved1Kona  gara mito?
“Correre un Ironman a Kona è diverso in tutto e per tutto. E se questa gara è diventata un mito per tutti i triatleti il motivo c’è…Il livello tecnico è altissimo, le difficoltà ambientali enormi e poi ci sono tutti i migliori al mondo con cui confrontarsi. Qui si diventa grandi. Diciamo che è l’ombelico del triathlon…>
Perchè correre a Kona è così complicato?
“Intanto perchè  è una gara mitica…l’Ironman è nato lì ed è un campionato del mondo dove non ci possono andare tutti per motivi di spazio perchè più di tanti non ci si sta ma soprattutto perchè bisogna qualificarsi. E quindi ci si confronta con i migliori. E non capita spesso che tutti i migliori siano presenti allo stesso Ironman visto che al massimo un atleta ne corre un paio l’anno ”
E poi?
“E poi perchè le Kona, contrariamente a quanto si possa pensare parlando di Hawaii, è un posto inospitale. E’ il luogo peggiore per correre una gara così difficile…”
Si spieghi meglio…
“Il primo problema è il clima.  Anni fa  un mio atleta che doveva correre arrivò sull’ isola una settimana prima per acclimatarsi e dopo un paio di giorni mi chiamò quasi spaventato: “Ma qui siamo all’inferno- mi disse al telefono- Mi sono anche scottato le piante dei piedi….” . E in effetti è un po’ così e per chi non ci è mai stato l’impatto non è facile…”
Sì d’accordo ma siamo alle Hawaiii…
Vero, ma il  problema è che in mezzo all’isola c’è un vulcano di 4mila metri che in qualche modo condiziona tutto il clima . Così correndo l’Ironman sui percorsi di bici e maratona in pratica si attraversano tutte e quattro le stagioni nella stessa giornata. Si passa dal caldo torrido, al clima tropicale e umido. Dal clima desertico nella zona dell’ Energy Lab dove non piove da anni a quello piovoso delle prime salitre in bici dove sembra di essere in Irlanda. Poi la polvere vulcanica e il vento cladissimo che soffia costantemente dal mare e che fa alzare le temperature anche oltre i 40 gradi. In certi tratti gli atleti si trovano a pedalare come se avessero davanti a loro un grande phon acceso sulla posizione più forte dell’aria calda…
Basta così?
“No, non è finita. Bisogna considerare anche che il percosro di bici non è mai pianeggiante ma quasi sempre vallonato e intorno al 90.mo chilometro c’è anche una salita abbastanza impegnativa. Certo è un a salita “americana” , non come le nostre dolomitiche, ma comuque impegnativa. E per finire va considerato che per gli atleti europei c’è anche il problema dell’acclimatamento: sono chiamati a fare il massimo sforzo fisico nell’orario in cui per venti o trent’anni solitamente il loro fisico è abituato a dormire”
Quindi una gara così come si prepara?
Diciamo che soprattutto si prepara facendola”
Impossibile vincere all’esordio?
“Di impossibile non c’è nulla ma è altamente improbabile. Nel 2007 ad esempio la triatleta inglese Chrissie Wellington si presentò al via quasi da sconosciuta e mise dietro tutti. Ma lei è davvero un’atleta straordinaria…”
Quindi esperienza conta più di tutto?
“Sì l’esperienza a Kona conta moltissimo ma ovviamente non basta perchè ci sono mille variabili…”
Cosa non si deve sbagliare?
“Per un atleta di vertice l’errore più grave è arrivare a questa gara un po’ spremuto. Qui servono ottima salute, tante energie e una carica mentale completa. Va fatto un buon periodo di acclimatamento ma soprattutto condizione psicofisica deve essere perfetta. NOn bisogna consumare energie nervose prima del via perchè durante la corsa sono fondamentali per superare le difficoltà che ci sono sempre. Se ti capità un primo inconveniente in genere lo superi perchè stai correndo a Kona, se però hai un secondo problema e non hai “scorte” mentali sufficienti qui molli…”