Si è concluso pochi giorni fa a Roma il simposio scientifico, organizzato dall’Agenzia Mondiale Antidoping (World Anti-Doping Agency, WADA) e dalla Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI), in cui si è discusso delle strategie di controllo antidoping basate sul passaporto biologico dell’atleta (Athlete Biological  Passport, ABP).  Per tre giorni i massimi  esperti mondiali di lotta al doping  (250 delegati provenienti da oltre 70 nazioni) si sono confrontati sulle nuove strategie per contrastare questo  fenomeno.  “Questo simposio  è stato utilissimo per condividere le esperienze- -ha spiegato il direttore scientifico della Wada, Olivier Rabin– Le sanzioni restano fondamentali ma bisogna insistere nella ricerca . Quest’anno  festeggiamo i primi dieci anni di vita del passaporto biologico dell’atleta e  abbiamo fatto enormi passi in avanti. È necessario però  migliorare questo metodo che ha già portato risultati eccellenti e rappresenta il futuro”.  Una delle problematiche al momento è l’enorme quantità di dati e di informazioni che arrivano per ogni singolo atleta. I casi sono sempre più complessi per questo occorre perfezionare il passaporto utilizzando nuove tecnologie come i big data, l’intelligenza artificiale e i biomarker.  Fra gli argomenti affrontati nel simposio anche quello relativo alla tracciabilità e al trasporto dei campioni. ”Dobbiamo fare in modo -ha precisato il direttore scientifico della Wada- che in tutto il mondo gli atleti abbiano le stesse garanzie e che le analisi vengano effettuate alla perfezione. Per questo il sistema che utilizziamo assicura che i campioni restino inalterati per 72 ore anche durante il trasporto”. Il doping è una piaga e va combattuto con ogni mezzo, ben vengano quindi simposi , ricerca, big data e passaporti biologici sempre più sofisticati.  Contromosse per arginare una sperimentazione “deviata” che è sempre un passo avanti. Misure che però costano e quindi devono fare i conti con la capacità ( e la possibilità) di investire. Ma se nello sport professionistico ciò spesso avviene, nel mondo amatoriale così non è.  Con le conseguenze che si possono facilmente immaginare. Fino ad allarmarsi sul serio perchè c’è gente che rischia la pelle con pratiche fai-da -te o consigliate da amici o amici degli amici. Un mondo. Dai controlli effettuati lo scorso anno dal Ministero della salute ( Sezione per la vigilanza e il controllo sul doping) risulta che le manifestazioni controllate nel nostro Paese  sono state 287. Sono stati sottoposti a controllo antidoping 1211 atleti e 30 sono risultati positivi . Il 48,3% agli anabolizzanti, il 17,2 agli stimolanti, l’8,6 ai cortisteroidi e l’8,6 ai mascheranti.  Si fa quel che si può, ma è una goccia nell’oceano anche perchè  la positività degli atleti amatoriali rispetto ai professionisti  e del 10 per cento in più.