noveDomenica si corre la Nove Colli. E chi c’è stato lo sa. E’ 49 anni che va così: la Nove Colli non è una granfondo. E’ un rito collettivo del ciclismo amatoriale,  è “almeno una volta nella vita…”, è  il  “io c’ero…” da raccontare agli amici e ai nipoti. E’ la  messa di Natale. La Nove Colli è un po’ come il rock gaelico e antico dei Jethro Tull che l’anno scorso, proprio alla vigilia, suonavano a Sogliano, pochi chilometri più in là di quell’ombelico del mondo a pedali che da venerdì diventa Cesenatico.  E’ musica per  chi se ne intende  come la Romagna,  passioni che smuovono le anime. E’ un assolo ma anche tante variazioni di flauto come solo sapeva (e ancora sa fare) fare il mitico Ian Anderson che ora dalle sue parti in Scozia, oltrechè soffiare nel suo flauto magico pare allevi salmoni dando lavoro ad alcune centinaia di riconoscenti connazionali.  Polenta, Pieve di Rivoschio, Ciola, Barbotto, Tiffi, Perticara, Monte Pugliano, il Passo delle Siepi e il Colle Gorolo.  Tutti insieme fanno Nove Colli.  Ed è un rock dolce, che non ti annoia mai, che ti fa alzare alle 4 e mezzo di un mattino buio quando il mondo dorme e si rimbocca le coperte. Che un po’ d’ansia te la mette perchè lo sai cosa ti aspetta ma non sai come andrà a finire. Che ti fa battere il cuore, che a molti chiude le vene, che a tutti strappa un sorriso.  La Nove Colli è una promessa che diventa emozione quando la luce illumina i fianchi delle prime colline e si comincia a pedalare. E’ un serpentone infinito di bici, una lenta  processione per una fatica che non porta a nessuna redenzione. E’ la granfondo più dura, forse la più famosa, forse la più accogliente, forse anche la più glamour,  passerella di volti noti e meno noti.  E’ un viaggio lungo le strade dell’Appennino, terra antica che custodisce un Paese che ha il sapore di un tempo,  dove sono passati i campioni ma soprattutto dove è passato un campione, un campione solo. Quel Marco Pantani che qui è nei bar, nelle bacheche tra le foto dei ristoranti, nelle vie, nelle piazze, sulle bici della gente che pedala, nel cuore di chi lo ha visto, lo ammirato e non se lo scorda più . Quarantanove edizioni che fanno storia a sè.  Anzi fanno “la” storia e l’articolo serve  spiegare che il ciclismo passa di qui.  Era il 1971 quando, di ritorno da una gara fatta in Svizzera,  tre amici del fans club Fausto Coppi fondato nel Bar del Corso di Cesenatico  decisero che era arrivato il momento di dar vita a una corsa che regalasse ai suoi audaci partenti  un  “Brevetto appenninico” che emulasse e  addirittura superasse quello alpino svizzero. Detto fatto si misero subito all’opera e il 20 maggio 1971 partì la prima edizione della Nove Colli, il primo trofeo “Cicloturistico Audax di Gran Fondo Sociale“. Erano in 17 e cominciarono la loro fatica alle 5 del mattino dal loro ritrovo abituale: il bar del Corso. Fu il primo tassello di una   Nove Colli, che oggi è un gioiello che ci invidiano anche dall’estero.  Cuore e passione più che ragione. Sfida di minuti, secondi, di mezze ruote messe davanti di un nulla a quelle degli amici, di battibecchi e prese di fondelli al bar, di caffè, spritz, cene scommesse, vinte e perse. Qui c’è differenza tra chi si depila e chi non lo fa, tra chi in salita arranca e chi vola via, tra chi sul mitico Barbotto mette il piede a terra e chi scatta per andare in fuga. Qui il ciclismo è musica. Tante note. Dalle mazurche di Casadei al rock che ti lascia senza fiato, che ti rapisce in un mangia e bevi che diventa sempre più duro più passano i chilometri. E’ la Romagna che non ti aspetti. O forse sì che te l’aspetti. Ed è per questo che tutto vogliono venire a correre qui.