sarErnesto e Maurizio, Napoli ci aveva creduto. Era una bella storia infatti quella del comandante…Il “sarrismo” ,  la rivoluzione sognata  di un calcio che riportava a Diego, al riscatto dei deboli contro i forti, contro il potere, contro il palazzo. E quella tuta esibita, quel dito medio sul bus del Napoli che entra allo Juventus stadium erano il simbolo di una stagione di riscossa anche senza titoli. Così l’allenatore diventa “comandante”, un santino intoccabile a cui i napoletani  hanno perdonato tutto, anche uno scudetto perso per la la fissazione dei titolarissimi, perchè gli schemi vengono prima  dei giocatori, dei campioni. Vengono prima di tutto.  Gioia, soddisfazione, orgoglio, napoletanità ma anche politica perchè c’è tutta la retorica della sinistra che strizza l’occhio al comandante,  il capopolo che guida le curve, che sfida il sistema, che legge Kerouac, che si mette di traverso e che dà del “ricchione” a Mancini.  E il nuovo condottiero dell’armata che vuole dare scacco a chi comanda, che vuole sovvertire le logiche costituite e che ha un’idea romantica della vittoria: che non è tutto, che ha una sua etica e soprattutto  non giustifica i mezzi. Tre anni di storia, tre anni di amore e dichiarazioni d’amore fino a che qualcosa si rompe e tocca scegliere tra lui e il presidente in un braccio di ferro che  vede il popolo azzurrro tutto dalla sua parte.  Perchè anche De laurentiis ovviamente è potere e palazzo. Va così.  Higuain se ne va da traditore, Sarri si lascia sedurre dai milioni di Abramovich ma è un esiliato che si strappa le vesti e ha Napoli nel cuore. Lascia un città in lutto ma anche una squadra “spremuta”. Lascia a metà una rivoluzione che in realtà non c’è mai stata. La grande bellezza come il grande inganno e la grande illusione. Maurizio come Ernesto: Napoli ci aveva creduto. Hasta la vista, ma il comandante forse era solo lo scudiero del re…