cicScuote la testa Giulio Ciccone sul traguardo della Planche des Belle Filles. Non vince. Non ce la fa  per un soffio battuto da Dylan Teuns dopo una fatica immane su una salita immane. Scuote la testa ma non ha fatto i conti. Non è tappa e maglia. E’ solo maglia ma vuoi mettere? E’ la maglia gialla, quella che conta di più, quella più importante, quella che vale un sogno e sicuramente una notte insonne. Prima volta al Tour, prima vera tappa ed eccolo qui Ciccone che parte e va in fuga per tutta la giornata. Venticinque anni a dicembre per questo abruzzese di Chieti , che fa rima con  Vito Taccone, lui pure  scalatore e orgoglio d’Abruzzo. Una promessa ormai mantenuta. Un ragazzino terribile che tre anni fa al Giro aveva già vinto e fu il più giovane di sempre a farlo, e il mese scorso nella tappa il Mortirolo è arrivato primo sul traguardo di Ponte di Legno stringendo e battendo i denti per il freddo. Già avanzava e bastava per ritagliarsi una pagina di gloria. Che oggi diventa sempiterna perchè la maglia gialla del Tour questo fa.  Sei secondi che sono un niente e invece sono tutto. Sono un pezzetto di storia da costruire e da queste parti si fa in fretta. Sono un svolta che ti può anche cambiare la vita. Sono due operazioni al cuore che si scordano per sempre. Sono l’orgoglio di un Paese che pedala forte e vola alto e che forse non merita neppure questa bella gioventù. Sono un colore  con nomi che fanno venire i brividi da Bartali a Coppi a Nencini, da Gimondi a Pantani a Nibali e chissà chi altri. Sono un bell’accento abruzzese: “Sono sincero, pensavo solo alla tappa e all’arrivo era davvero arrabbiato…”. Ma poi gli è passata.