TOPSHOT-CYCLING-ENDURANCE-ULTRA-TRANSCONTINENTALDa Burgas, in Bulgaria , a Brest in Francia. Dal Mar Nero all’Oceano Atlantico, quattromila chilometri, metro più metro meno, che pedalati tutti insieme sono sono più del Tour de France, più di tutte le tappe messe insieme, più di tutto e più ( forse ) di quanto si possa immaginare. Ma la realtà spesso va oltre i limiti della nostra mente. E anche Fiona Kolbinger, giovane ricercatrice tedesca di 24 anni, è andata oltre. Prima assoluta nella Transcontinental race, la gara più dura, più lunga, più difficile. La gara mai vinta da una donna che da sette anni mette in fila incubi, sogni, coraggio,incoscienza, paure, epica e romanzo. Prima di tutte ma soprattutto prima di tutti perchè tra i 235 uomini uomini ( e 40 donne) al via non ce n’è stato uno che sia riuscito a pedalarle a fianco, neppure a starle in scia. La tedesca se n’è andata via e non l’hanno vista più.  In fuga da subito, solitaria, una donna sola al comando… E quando è arrivata in Bretagna dopo dieci giorni, 2 ore e 48 minuti di fatica infinita c’era ancora chi cercava la via tra Austria e  Svizzera. C’era chi ancora aveva davanti a sè ore e giorni di viaggio.  Una gara da folli o forse da saggi perchè una sfida così è tutto e il contrario di tutto. Una gara dove la via non è una sola, dove ognuno sceglie la strada che vuole salvo passare in quei quattro punti di controllo che certificano regolarità e primato. Una gara dove ognuno mangia, dorme, si ferma e pedala quando e come può. Come vuole.  Fiona ha fatto tutto come andava fatto. Meglio di tutti. Peggio forse solo di come alla fine avrebbe potuto e raccontato perchè la notte le ha fatto paura e perchè, a conti fatti avrebbe potuto andar anche più forte. Ma ci sarà un’altra occasione. Questa è in archivio. Serbia, Croazia, Slovenia, Austria, Italia, Svizzera alle spalle,  con il passo del Rombo e il Galibier passati via come un soffio e con una media di oltre 20 chilometri l’ora…Il resto è storia e anche poesia come quando ad un posto di controllo la giovane tedesca ha visto un piano nella hall dell’albergo e ha trovato anche il tempo di mettersi a  suonare The Lion Sleeps Tonight.  Il leone si è addormentato ma lei no, perchè ha pedalato molto e dormito pochissimo, 4 ore a notte dove capitava, dove si è trovata, anche sul ciglio di una strada. Lei sola e veloce e tutti  gli altri ad inseguire a distanze siderali. Lei imprendibile e tostissima, sesso debole che in realtà è quello forte. Ci ha provato la scienza in questi ultimi decenni a spiegare con una serie di indagini pubblicate dalla rivista Nature che le donne in alcuni sport  potrebbero (sono) più forti degli uomini. Che le atlete nel giro di qualche lustro avrebbero superato gli atleti. Nelle maratone non è successo e non succederà visto che a oggi la differenza di prestazioni sui 42,195 della distanza resta nell’ordine dei dieci minuti. Ma nelle distanze lunghissime il gap spesso svanisce. La differenza non la fanno muscoli e forza perchè gli uomini in questo senso restano più dotati. Ma la resistenza fisica, la capacità di sopportare la fatica, il dolore e la tenuta mentale. In pratica la «resilienza», una combinazione di forza fisica e di volontà che, secondo alcuni biologici evoluzionisti, deriva alle donne dalla storia evolutiva dei mammiferi e dalla predisposizione ad affrontare una gravidanza.  Molti hanno anche messo sotto la lente l’aspetto metabolico: i maschi durante uno sforzo «bruciano» principalmente carboidrati, le donne invece bruciano prima i grassi e solo in un secondo momento attingono alle scorte di carboidrati quindi resistono più a lungo. Atlete che hanno vinto, che hanno messo dietro gli uomini ce ne sono. L’anno scoso Camille Herron, trentaseienne dell’Oklahoma ha battuto il record mondiale assoluto di corsa trail sulle 100 miglia alla «Tunnel Hill 100» nell’Illinois e sempre lo scorso anno Courtney Dewaulter, atleta 33enne del Colorado ha sbaragliato tutti, uomini compresi, nella «Moab 240 race», una gara che si corre tra montagne e canyon dello Utah. Tra le “nostre” c’è Federica Boifava,  che un paio di anni fa ha vinto mettendosi dietro tutti gli uomini  la Dolomiti Extreme trail, una delle gare di corsa in montagna più dure in circolazione, 53 chilometri in Val di Zoldo scalando il San Sebastiano, il Civetta, il Moiazza e il Pelmo per un totale di quasi 4mila metri di dislivello che si fa fatica anche scriverlo, figurarsi ad andar sù. E ora c’è anche Fiona Kolbinger. Lei non corre, pedala ma è davvero solo un dettaglio…