veeE’ stato il sindaco di Diest,  il paesino in cui viveva nelle Fiandre, a dare la notizia:  Marieke Vervoort  non c’è  più, ha deciso di andarsene. Dopo aver dato una scarmigliata alla sua zazzera bionda ha scelto l’eutanasia e a 40 anni  ha tolto il disturbo. Fine. Fine di una vita vissuta in fretta ma vissuta,  goduta in tutte le sue sfumature dalla gioia al dolore, in ogni attimo, in ogni sguardo, in ogni respiro. Assaporata intensamente nonostante tutto, nonostante, come aveva detto in un momento di sconforto, Dio avesse deciso di punirla… Fine di una vita tormentata  ma che “Wielemie”,  come la chiamavano tutti,  ha preso di petto, sfidandola,  esorcizzando il male e senza mai chiedere compassione. Ha 14 anni quando le dicono che le sue gambe sono paralizzate per una «quadriplegia progressiva».  Un’adolescenza cancellata. Una vita  che ti sfugge, che non riesci più neppure ad immaginare. Così Marieke decide di darsela da sola la prospettiva vivendo attimo per attimo tutto ciò che le capita a tiro. Lo sport la fa sentire viva. E allora fa tutto ciò che può. Prima il basket su una sedia a rotelle, poi il nuoto, che la porta al triathlon, la sua vera passione. Diventata campionessa mondiale di Paratriathlon nel 2006 e l’anno successivo, nell’ottobre 2007, realizza uno dei suoi sogni partecipando a Kona all’Ironman Hawaii. Ma la malattia non fa sconti. Il triathlon diventa troppo impegnativo e allora inizia con la vela e con l’atletica leggera. Nel 2012  diventa campionessa paralimpica sui 100 metri Giochi di Londra e tripla campionessa mondiale  su 100  200 e 400 metri. Ai Giochi di Rio è argento sui 400 e bronzo sui 100.  Ma è proprio lì che annuncia ciò che forse nessuno avrebbe mai voluto sentire e cioè che soffre troppo e che ha deciso di terminare il suo viaggio. La gioia dello sport sta lentamente lasciando il posto al dolore di una malattia implacabile e lei gioca d’anticipo come solo sanno fare i campioni. Annuncia ai media del suo Paese che si lascerà morire, che sceglierà l’eutanasia che in Belgio è legale: «Tutti mi vedono sorridere quando vinco una medaglia-  racconta in un’intervista a Le Parisen- ma nessuno mi vede quando sono scura in volto. Mi alleno duramente ma ogni giorno devo lottare con una malattia che mi permette di fare sempre meno e la cosa più difficile è accettare ciò che non riesco più a fare… Lotto per conquistare un oro poi vedremo quello che mi porterà la vita: proverò a godermi i momenti migliori». Detto fatto. Ci ha provato con tutte le sue forze a godersela fino a quando ce l’ha fatta, fino a quando a resistito, fino a quando ha deciso, fino alla fine. Poi in silenzio ha salutato tutti. Le sue ceneri saranno sparse tra le onde dell’Oceano Atlantico davanti all’isola di Lanzarote e chi le ha voluto bene brinderà. Perchè come si è sempre raccomandata Wielemie: “Il giorno del mio funerale, voglio che tutti abbiano un calice di champagne in mano…”