bruFango. Fango e ruote tassellate. Il resto, più o meno (ma molto meno o molto di più dipende dai punti di vista) è come sulla strada. Stessa bici da corsa, stesse maglie, stessa fatica. Ma il ciclocross è un’altra cosa. Basta guardarli in faccia i corridori. Bastava guardare com’è arrivato al traguardo domenica a Brugherio  nel Master Internazionale Smp Jakob Dorigoni  (nella foto)  per capire bene che cos’è. Il fango racconta tutto il fascino di un sport antico e glorioso da quando è nato, alla fine dell’Ottocento nelle pianure della Francia e del nord Europa, quando i ciclisti che non avevano timore di uscire dalle vie principali e si azzardavano a pedalare tra campi e sentieri. Le strade erano spesso piene di buche o segnate dai solchi lasciati dai carri e per questo in molti passaggi bisognava smettere di pedalare, scendere di sella e continuare con la bici in spalla. Ciò era e ciò è rimasto per una specialità che riporta indietro nel tempo, quando a sporcarsi la faccia e le gambe di terra c’erano anche i campioni che sugli sterrati si preparavano per la stagione delle classiche e che, non è un caso,  stanno tornando da Mathieu Van Der Poel a Wout Van Aert, tanto per citarne un paio. Bici e fango che è un po’ la storia del ciclismo stampata sulla faccia piena di goia di Franco Ballerini che alza le braccia sul traguardo del Velodrome di Roubaix. E’ la maglia sporca di Vincenzo Nibali che pedala sul pavè verso Arenberg nella giornata in cui fa capire a tutti che vincerà il Tour de France. Il fango è l’inchiostro con cui si scrivono pagine indimenticabili dello sport. E’ la polvere magica che ci fa tornare un po’ tutti bambini quando si aspettava la pioggia per andare a giocare al campo. E’ il coraggio di provarci lo stesso anche quando non si potrebbe o non si dovrebbe. Il fango è l’essenza del cross, di un’ciclismo forse meno aristocratico però più epica dove per vincere bisogna sporcarsi le mani e non solo quelle. Dove forse bisogna essere un po’ più eroi. E’ il fango che esalta i gesti e il racconto. Che sfigura le facce, che cancella gli sponsor delle maglie, che rende tutto e tutti uguali. La differenza la fanno i sorrisi. La differenza la fa la gioia che si legge al traguardo sulle facce di tutti quelli che sono arrivati alla fine.