elia«I giornali scrivono che il Golden Gala 2020 di atletica leggera non si terrà all’Arena civica di Milano ma allo stadio San Paolo di Napoli e credo sia opportuno fare chiarezza per non lasciare spazio ad interpretazioni sbagliate…” Un paio di giorni fa l’assessore allo sport del Comune di Milano Roberta Guaineri  ha provato a mettere i puntini sulle “i”  riguardo l’ennesima brutta figura della città che, come capita ormai da decenni, non è in grado di ospitare un grande evento di sport che non sia il calcio. “L’Arena Civica è un impianto storico con una serie di vincoli da rispettare ed è allo stato difficile sposarli con le richieste della Federazione internazionale di atletica- ha spiegato l’assessore-. Richieste che abbiamo appreso in un secondo tempo, dopo la disponibilità di Milano ad ospitare il Golden Gala».  Tutto vero. Ma vero anche il fatto ( innegabile) che il lavori all’Arena non si concluderanno in tempo per ospitare l’evento e che Milano, la più europea delle città italiane, la più bella, ricca, produttiva etc etc… non ha un impianto adeguato alla bisogna. Quindi? Quindi quelle dell’assessore sono giustificazioni che evidenziano come la carenza di impianti sia ormai cronica e che non riguarda solo l’atletica ma anche, ad esempio, il nuoto e gli sport indoor come il grande ciclismo. L’assessore specifica poi che, «in particolare per motivi mediatici e televisivi, avremmo dovuto modificare o potenziare l’impianto di illuminazione e le tribune dedicate alla stampa. Per mesi abbiamo studiato soluzioni che accogliessero le richieste della Federazione senza violare le caratteristiche storiche preservate del nostro impianto civico. I costi e le tempistiche ci avrebbero costretto a spendere delle cifre considerevoli, per esempio per installare un impianto di illuminazione a supporto di quello esistente, e a forzare le procedure quindi abbiamo lasciato alla Federazione di atletica la scelta di andare a Napoli e al San Paolo». Perfetto. In attesa che qualche amministrazione ci ponga rimedio, non solo quella del sindaco Sala beninteso, perchè il problema si trascina ormai da più di  trent’anni, da quando la famosa nevicata del 1985 fece crollare il Palasport di San Siro, aspettiamo con fiducia le olimpiadi del 2026. Sembra che con i Giochi tutto si aggiusterà, tutto andrà a posto, che nasceranno impianti in ogni dove, che ci saranno palazzetti per ogni sport e che finalmente Milano diventerà una citta “sportiva” come si deve. Il rischio però è che la coperta olimpica sia un “pannicello” caldo che non cambierà poi più di tanto la situazione. Se, come spiega alla pefezione Elia Pagnoni nell’articolo che oggi pubblichiamo sulle pagine del Giornale,  l’amministrazione non avrà la forza di chiedere ( ed ottenere) dal governo un serio piano per la ricostruzione sportiva della città.

 

 

Ma qualcuno ci aveva veramente creduto? Quando venne annunciato in modo evidentemente ottimistico che spostare il Golden Gala di atletica da Roma a Milano sarebbe stata un’operazione normalissima, a nessuno è scappato un sorrisino? Evidentemente molti tra gli «annunciatori» di questa operazione non conoscevano e non conoscono la realtà dello sport milanese.

E invece adesso sono costretti a fare i conti con l’altra faccia di Milano e a riparare a gambe levate verso Napoli, dove avranno mille altri problemi, ma in fatto di impianti (e chi ha assistito alle recenti Universiadi lo può testimoniare)stanno surclassando quella che continua a vantarsi di essere la più grande metropoli europea della penisola. Sotto tantissimi aspetti, indubbiamente, ma dimenticate lo sport.

Sono ormai anni, diremmo decenni che lo scriviamo: Milano che brilla nel mondo, che è diventata persino la capitale del turismo, che accende i riflettori sui suoi grattacieli e il suo skyline, ha un rovescio della medaglia: un’impiantistica sportiva da terzo mondo. E nessuno purtroppo se ne è mai voluto curare. Adesso si scopre che l’Arena non può ospitare un meeting come il Golden Gala. Ma che strano: nessuno si è mai accorto che a Milano per fare atletica bisogna utilizzare uno stadio costruito da Napoleone? Possibile che dal Bonaparte in poi nessuno si sia mai preoccupato di dare alla città uno stadio per la regina degli sport?

E di sindaci ne sono passati dal 1807 ad oggi Adesso si copre che la povera Arena non ha un’illuminazione sufficiente: 300 lux invece dei 1200 richiesti per una manifestazione internazionale. Adesso si copre che l’Arena non ha una tribuna stampa adeguata a un Golden Gala, ma diciamo onestamente non ha una tribuna stampa punto e basta. E pensavano di passare dall’Olimpico a questo povero residuato? All’Arena saremo sempre legati da eterno affetto, per quello che ha ospitato e per quello che ci ha permesso di vedere, in quasi tutti gli sport, in anni ormai lontani.

Ma se il tempo passa per San Siro, e il calcio si sente stretto in uno stadio che comunque ha ancora una sua funzionalità, il resto dello sport cittadino come deve sentirsi? Se il pallone si sente troppo grande per lo stadio di Mazzola e Rivera, di Van Basten e Ronaldo, gli altri devono restare perennemente ai tempi di Meazza?

Quando dicevamo che Milano olimpica rischia di diventare un tappeto sotto cui nascondere la povertà delle strutture sportive cittadine, intendevamo proprio questo. Che da qui al 2026 rischiamo di farci annebbiare la vista dai lustrini e dalle paillettes di un’Olimpiade che avrà il cuore a centinaia di chilometri da Milano e che in città vivrà, se tutto va bene, in un paio di palazzetti e magari in piazza Duomo per la consegna delle medaglie. Dall’Olimpiade, invece, Milano dovrebbe prendere lo spunto per dare finalmente una svolta alla sua impiantistica, come fece Torino.

Milano è una città così povera che non può ospitare un europeo di nuoto (per andare oltre l’atletica), è l’unica grande metropoli europea a non avere più una seigiorni ciclistica, una città che ha la sua unica pista di atletica praticabile al XXV aprile, dove però non si può fare attività indoor perché il palazzetto costruito dieci anni fa è chiuso perché ci piove dentro e non c’è l’agibilità delle tribune. Una città che non ha uno stadio per il rugby, che ci ha messo dieci anni a ricostruire il Palalido, e parliamo di un bel palazzetto come ce ne sono in tutte le città di provincia, un palazzo che doveva essere la casa del volley e poi scopriamo che il Powervolley per il debutto nelle coppe europee ha dovuto giocare al Pavesi, perché in piazza Stuparich c’erano altre manifestazioni.

Una città che ha costretto l’Armani a rifugiarsi ad Assago e per fortuna c’è quel palazzo (privato) che copre tutte le magagne mai guarite dalla nevicata dell’85 che fece crollare il palasport di San Siro. Una città che ha riaperto il Vigorelli dopo anni ma solo per il football, perché la pista del ciclismo non è più a norma (397 metri invece dei 250 regolamentari per l’attività internazionale), e tutti lo sapevano ma si è fatta comunque questa scelta.

Forse, prima di riempirci la bocca con Milano città olimpica, bisognerebbe trovare la forza di chiedere al governo un vero piano per la ricostruzione di Milano sportiva. Solo così Solo così vinceremo la nostra Olimpiade.