nibaChe Paese è un Paese senza sport?  D’accordo bisogna stare in casa e così si fa ma non si può continuare a stare a casa all’infinito. Medici e scienziati fanno ciò che loro compete, cioè valutano il contagio, i rischi e i pericoli e quindi dicono quali secondo loro saranno i tempi per ripartire: maggio, luglio, settembre, finchè non si troverà in vaccino per il coronavirus. Diverso è invece il compito che spetta a chi ci governa, ai chi amministra. I politici devono sforzarsi di vedere un po’ più in là. Non è più il tempo che ci dicano solo di stare a casa. Ora devono cominciare a spiegarci qual è il progetto di ripartenza e soprattutto se ce l’hanno. Cosa intendono fare con le libertà dei singoli, con le imprese, con chi è sull’orlo del fallimento perchè ormai da più di un mese e mezzo non alza la serranda della sua attività. E ci devono dire anche che cosa intendono fare per lo sport che non è solo una  pausa di relax, la smania di qualche fissato, o il divertimento di qualche cinquantenne che deve buttar giù qualche chilo: loro per il momento possono anche restare a casa. Ma c’è uno sport che è professionismo, che sono grandi gare, sponsor, contratti,che è lavoro per atleti, tecnici, massaggiatori, magazzinieri… Senza contare poi che  una popolazione senza muoversi muore. Pochi giorni fa a lanciare l’allarme e a chiedere uno “scatto” ai ministri e presidente del consiglio  era stato il direttore tecnico dell’atletica azzurra Antonio La Torre. Oggi tocca ai ciclisti professionisti con il presidente dell’Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani (ACCPI) Cristian Salvato che ha inviato una lettera ai Ministri per le politiche giovanili e lo Sport, Vincenzo Spadafora, della Salute Roberto Speranza e del Lavoro e delle Politiche sociali Nunzia Catalfo chiedendo loro di inserire gli atleti di vertice nazionale nelle categorie di lavoratori che, se ci sarà un’apertura dopo Pasqua, potranno tornare a svolgere la propria attività. “Riteniamo indispensabile fare una richiesta formale al governo perché prenda in considerazione la peculiarità del nostro sport e dia la possibilità, ai nostri atleti, di riprendere il loro lavoro inserendoli nel prossimo DPCM- scrive l’associazione corridori-  Ovviamente non dimentichiamo il dramma di vite umane che ogni giorno questo virus ci sta portando via, lasciando nella sofferenza tantissime famiglie. Sarebbe inappropriato, in questo momento, pensare alle gare, alla gioia e al momento di festa che una manifestazione sportiva rappresenta. A questo penseremo più avanti ma già ora dobbiamo tutelare i nostri ragazzi e ragazze, che con il loro lavoro devono mantenere la propria famiglia, per questo d’accordo con la Federazione Ciclistica Italiana abbiamo atteso il momento propizio per far sentire la nostra voce”. Domani è previsto un incontro tra il ministro dello sport e il presidente Federazione ciclistica italiana  Renato Di Rocco .