Prima di conquistarsi una discreta fama come abile negoziatore sui più disparati scenari internazionali, e di ottenere il premio Nobel per la Pace (2002), Jimmy Carter divenne famoso, negli Stati Uniti, come uno dei presidenti più deboli della storia a stelle e strisce. Fu soprattutto il fallimento della politica estera in Medio Oriente il suo punto debole, che gli causò la disapprovazione di molti americani. Ma anche le sue “aperture” nei confronti del comunismo non venne apprezzata, in particolare l’abolizione del McCarran Act che vietava l’ingresso degli “amici di Mosca” sul territorio americano. Apertura su cui poi fece parzialmente marcia indietro quando, dopo l’invasione dell’Afghanistan da aparte dell’Armata rossa, decise di boicottare le Olimpiadi di Mosca. Ma fu soprattutto la crisi degli ostaggi in Iran a far crollare il consenso di Carter ai minimi termini, favorendo la vittoria di Ronald Reagan che si impose, nel novembre 1980, in ben 44 stati, conquistando 489 grandi elettori contro i 49 di Carter. Per i conservatori Carter passò alla storia come un uomo incapace di prendere una decisione netta.

Dopo 34 anni Carter torna a essere un metro di paragone, in negativo. Attaccando Obama e la sua mancanza di leadership nella crisi siriana, dicendo che questa debolezza potrebbe far esplodere un conflitto in tutto il Medio Oriente, il senatore repubblicano John McCain  paragona il presidente a Jimmy Carter. Anzi, dice che è addirittura peggio di lui: “Non ho mai visto nulla di tutto questo nella mia vita. Pensavo che Carter fosse scadente, ma impallidirebbe se confrontato con questo presidente”, ha tuonato McCain dai microfoni di una stazione radio locale dell’Arizona.

Lo sfidante di Obama nel 2008 prima di entrare in politica è stato un militare: ex pilota della marina, fu  catturato e tenuto prigioniero in Vietnam. Ancora oggi è una delle voci più influenti a Washington sulla politica estera repubblicana e da tempo propone di sostenere i ribelli siriani attraverso l’invio di armi per ribaltare il regime di Assad. “Sta diventando un conflitto regionale – ha detto -sulla crisi siriana – si sta diffondendo in Libano, in Turchia, in Giordania”. 

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