Qualcuno ha paragonato l’attacco a Charlie Hebdo all’11 Settembre. Le modalità di azione sono molte diverse, così come il numero delle vittime. Uguale, però, è il terrore seminato nel cuore dell’Occidente. Hanno raggiunto il loro risultato: hanno seminato la paura in mezzo a noi. Qualcuno ha subito abboccato, decidendo di oscurare le vignette “incriminate”, per non “offendere” l’islam e non causare, quindi, nuovi possibili attentati. Niente di più sbagliato: se passa il concetto che quelle vignette sono “giustamente” la causa dell’attentato, scaviamo da soli la nostra fossa. Bisogna difendere le nostre matite e le nostre vignette. Senza offendere in modo stupido e volgare, ma senza mai rinunciare alla nostra libertà. Un esercito di matite per Charlie Hebdo. Un esercito di matite per difenderci da chi ci vuole schiacciare in nome di una visione distorta e malata della religione islamica.

#JeSuisCharlie è l’hashtag che, subito dopo il massacro, ha iniziato a girare su Twitter. Un piccolo segno di affetto e vicinanza alle povere vittime di Parigi. Ma anche un segno di ribellione, uno scudo che dobbiamo alzare per proteggerci da chi vuole ucciderci e umiliarci, negando il nostro bene più prezioso, la libertà. Libertà anche di poter dire cavolate. Come ha giustamente sottolineato Philippe Ridet, corrispondente dall’Italia per “Le Monde”, è inaccettabile cercare in una satira che si sarebbe spinta troppo oltre i canoni del “politically correct” la giustificazione per la barbarie: la libertà di stampa non è mai eccessiva, è stata anzi, anche con i suoi eccessi, uno dei fattori determinanti nella nascita delle democrazie occidentali.

Restiamo uniti e difendiamoci dal terrore con ogni mezzo, senza aprire stupide guerre di religione. Ma non abbandoniamo mai le nostre matite e la nostra voglia di libertà. Ecco quello che serve: un esercito di matite per Charlie Ebdo.

 

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