Trump_Obama_casa_biancaNel precedente post (“Solo in America“) ho sottolineato che quanto è accaduto nelle elezioni presidenziali dell’8 Novembre, con il successo di Donald Trump, non sarebbe stato possibile in un altro Paese. Anche questo rende grande l’America, con le sue contraddizioni e i suoi problemi, ma anche con la certezza che, comunque vadano le cose, ciò che più conta è lo spirito alla base della Repubblica creata dai Padri fondatori degli Stati Uniti. Uno spirito democratico e liberale.

Molti si sono esaltati per la vittoria di Trump, vedendovi la fine di un potere, quello dei Clinton e dell’establishment democratico, troppo distante dai cittadini, colluso coi poteri forti e incapace di dare risposte adeguate al Paese. Altri hanno esultato perché Trump ha rifilato un sonoro calcione al suo stesso partito, il Grand Old Party, ed ha vinto solo contro tutti. Un voto, quello che l’ha premiato, di protesta (di pancia), ma non solo. Anche un voto di testa. Perché ci sono molte idee alla base del successo di Trump: questo è poco ma sicuro. E diversi errori che Hillary Clinton e Barack Obama hanno commesso. Primo tra tutti: quello di sentirsi troppo superiori all’elettorato che sosteneva Trump.

Molti hanno salutato la vittoria di Trump per le novità che porterà nella politica internazionale. Vedremo, a partire dal prossimo 20 gennaio, quali saranno e come incideranno sugli equilibri geopolitici. Una cosa è certa: l’America resterà l’America. Di certo non sarà la succursale di Mosca (come magari qualcuno spera).

Gli Stati Uniti torneranno isolazionisti, preoccupandosi solo di questioni interne? Forse un po’, ma non del tutto. Restano un Paese guida, che non può fregarsene di ciò che accade nel mondo. E anche se Trump lo volesse non potrà ritirarsi da alcune zone chiave, lasciandole in modo esclusivo al “controllo” della Russia. Il rapporto con Mosca cambierà, questo è certo: probabilmente nascerà una nuova e forte collaborazione. Così come cambierà il rapporto con l’Europa, a partire dalla Nato. Per certi versi l’Europa (finalmente) dovrà diventare grande, senza più la “manina” dell’America che la segue e la protegge sempre e comunque.

La stretta di mano tra Obama e Trump, nello studio ovale della Casa Bianca, non è solo un gesto di routine: simboleggia che, nonostante il clima di odio degli ultimi mesi e le proteste anti Trump che tuttora imperversano negli States, l’America va avanti. Il segnale più importante è che le istituzioni vengono prima delle persone. Obama l’ha sintetizzato benissimo con una frase che ha rivolto al tycoon: “Faremo di tutto per aiutarla ad avere successo, perché se lei ha successo anche il Paese ha successo”. Trump ha ringraziato, rendendo l’onore delle armi al presidente: “Una brava persona”. Solo chiacchiere e retorica? Forse no.

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