Giuliani e TrumpNello staff di legali che segue Trump entra a far parte Rudolph Giuliani. Si occuperà dello spinoso problema del Russiagate. “Lo faccio perché spero che possiamo negoziare la fine di tutto questo per il bene del Paese e perché io ho un’alta considerazione del  presidente e di Bob Mueller (procuratore speciale, ndr)”, ha spiegato Giuliani al Washington Post. Prima che Trump si insediasse alla Casa Bianca l’ex sindaco di New York era dato tra i papabili alla segreteria di Stato (l’incarico andò a Rex Tillerson). In una nota Trump ha sottolineato che Giuliani “vuole risolvere velocemente la questione”.

Aver scelto un mastino come Giuliani può fare pensare che Trump voglia affrontare di petto la questione Russiagate, andando a trattare con Mueller con un’eventuale via d’uscita. Licenziare Mueller sarebbe troppo rischioso a livello d’immagine. Difficile che la Casa Bianca faccia questa mossa, anche se non si può escludere a priori.

Settantaquattro anni, Giuliani divenne famoso negli anni Novanta per aver ripulito la città di New York dalla criminalità, mettendo in pratica la teoria della “tolleranza zero” (punire ogni deviazione dalle regole, anche la più piccola, per poter ottenere un miglioramento generale della situazione). Giuliani si era fatto strada, negli anni Settanta, come procuratore distrettuale di Manhattan. Divenne poi capo della sezione narcotici e, nel 1981 si trasferì a Washington, come assistente del vice ministro della Giustizia. Il presidente Reagan lo apprezzò a tal punto dal mandarlo a New York, come procuratore federale del South District. In questa veste lottò contro il crimine organizzato e il narcotraffico, collaborando, tra gli altri, con i magistrati italiani Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Ma che dovrà fare Giuliani nell’inchiesta sul Russiagate? Più che altro negoziare con Mueller. Forse l’ultima carta da giocare per evitare lo scontro totale, che si produrrebbe con il licenziamento del procuratore speciale.

Intanto i Democratici hanno avviato una causa milionaria contro la campagna presidenziale di Trump, il governo russo e Wikileaks: l’accusa è di aver cospirato per aiutare il tycoon a vincere le elezioni. “Nel periodo precedente il voto, la Russia ha montato un attacco sfacciato contro la democrazia americana: l’offensiva si è aperta con un attacco al Comitato nazionale democratico (Dnc), effettuato sul suolo americano”, si legge nella denuncia. “Nel 2015 e nel 2016, i servizi segreti russi hanno hackerato i computer del Dnc, sono penetrati nei suoi sistemi telefonici ed hanno estrapolato decine di migliaia di documenti ed e-mail. La Russia ha poi usato queste informazioni rubate per promuovere i propri interessi: destabilizzare lo scenario politico degli Stati Uniti, denigrare il candidato presidenziale democratico e sostenere la campagna di Donald J. Trump … le cui politiche andrebbero a beneficio del Cremlino”.

Tra le persone citate in giudizio per cospirazione, frode tecnologica e abusi, appropriazione indebita di segreti commerciali e violazione di domicilio, figurano tra gli altri Donald Trump Jr., il genero Jared Kushner, l’ex consulente della campagna Paul Manafort e il socio Richard Gates. Dito puntato anche contro la Federazione russa, lo stato maggiore delle forze armate russe, hacker russi chiamati Guccifer 2.0, Wikileaks e il suo fondatore Julian Assange, oltre a 10 persone non identificate.

 

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