Nel discorso di chiusura della convention repubblicana, tenutasi come quella democratica in forma virtuale, il presidente Donald Trump ha parlato nel giardino della Casa Bianca, in collegamento video con i delegati del partito repubblicano, deputati e senatori, governatori e tutti i simpatizzanti del Gop. Nel discorso di accettazione della nomination repubblicana Trump ha attaccato Joe Biden. Ed ha posto gli americani di fronte a una scelta campale: “Queste elezioni decideranno se salviamo l’American dream oppure se permetteremo a un’agenda socialista di demolire il nostro amato destino”. È proprio questo il tasto su cui Trump punta: portare avanti un modello politico e sociale basato sullo stato minimo e il primato dell’individuo, contro una visione “socialista” che prevede una maggiore presenza dello Stato. “Il vostro voto – ha aggiunto il presidente – deciderà se proteggiamo gli americani che rispettano la legge o se daremo freno libero a violenti anarchici, istigatori e criminali che minacciano i nostri cittadini”. Con questa frase ha fatto riferimento, pur senza mai citarle, alle proteste del movimento Black Lives Matter. “Nei termini più forti possibile il partito repubblicano condanna le rivolte, i saccheggi, gli incendi dolosi e le violenze che abbiamo visto in città a guida democratica come Kenosha, Minneapolis, Portland, Chicago e New York” e “la mia amministrazione starà sempre con gli uomini e le donne delle forze dell’ordine”.

Trump ha respinto al mittente l’accusa che gli era stata lanciata da Biden nel suo discorso alla convention democratica, quando il democratico aveva presentato le elezioni di novembre come una scelta fra le tenebre (un nuovo mandato del tycoon) e la luce rappresentata da lui: “L’America non è una terra avvolta nelle tenebre, l’America è la fiaccola che illumina il mondo intero”, ha detto il presidente usando una vecchia metafora sempre cara agli americani. “Siamo la nazione che ha vinto una rivoluzione, ha abbattuto tirannia e fascismo e ha portato la libertà a milioni di persone” e “in qualunque momento il nostro modo di vivere era minacciato, i nostri eroi hanno risposto all’appello”. Nel finale un invito all’unità nazionale: “Insieme siamo inarrestabili. Insieme siamo imbattibili. Perché insieme siamo i cittadini orgogliosi degli Stati Uniti d’America. E il 3 novembre renderemo l’America più sicura, più forte, più orgogliosa e renderemo l’America più grande che mai”. I fuochi d’artificio hanno illuminato il cielo di Washington.

Nell’anno del coronavirus, che ha bloccato anche le tradizionali convention dei partiti, non poteva mancare un riferimento alla pandemia, con gli Usa che hanno superato 180mila morti, primo Paese al mondo per vittime e contagi. Il presidente è tornato a promettere che gli Stati Uniti produrranno un vaccino “prima della fine dell’anno o forse prima” e ha attaccato ancora una volta la Cina (“il virus cinese”). “A differenza di Biden, io ritengo i cinesi totalmente responsabili per la tragedia che hanno causato”. Respingendo le accuse di aver gestito male l’emergenza ha detto: “Quando il virus cinese ha colpito, abbiamo lanciato la più grande mobilitazione nazionale dalla Seconda guerra mondiale”.

Trump ha promesso 10 milioni di posti di lavoro in 10 mesi e che “continueremo a ridurre le tasse a livelli mai visti prima”. La crisi si è fatta sentire duramente e Trump vuole dare la scossa. Per farlo promette anche detrazioni fiscali per riportare negli Stati Uniti posti di lavoro trasferiti in Cina. E “nuove tariffe su qualunque compagnia lasci l’America per creare posti di lavoro oltreoceano”. Tra slogan, promesse e accuse, la campagna elettorale sta entrando nel vivo. Mancano ancora più di due mesi e può accadere di tutto.

 

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