La pandemia sta mostrando in maniera inequivocabile come, sulle energie rinnovabili, Europa e Stati Uniti siano prepotentemente dominati dalla Cina.
Un’analisi di Reuters mostra infatti che ventinove tra le maggiori case automobilistiche stanno pianificando di spendere complessivamente 300 miliardi di dollari per l’elettrificazione dei trasporti nel prossimo decennio.

“Questa crescita esplosiva degli impianti a batteria e dei veicoli elettrici significherà una domanda senza precedenti di metalli necessari alla loro produzione come litio, cobalto, terre rare, grafite, nichel e rame”, spiega Giovanni Brussato, ingegnere minerario e collaboratore scientifico di Astrolabio, la newsletter della storica associazione ambientalista Amici della Terra.
Il litio ad esempio-secondo Bloomberg- dovrebbe vedere un aumento di 29 volte la domanda. 
Ma in che modo gli Stati Uniti e l’Europa, continenti assolutamente poveri di miniere, intendono soddisfare questa intensa richiesta per la produzione di veicoli elettrici che si sta preparando?
“Se gli USA producono infatti solamente l’1% della fornitura globale di litio ed il 7% di prodotti chimici al litio raffinato e l’Europa non se la passa meglio, il Dragone asiatico al contrario gode dei tre quarti della capacità produttiva mondiale di batterie agli ioni di litio e del 50% dell’infrastruttura pubblica di ricarica dei veicoli al mondo”, ci racconta ancora Brussato citando dati del Metal Bulletin (l’ editore internazionale specializzato e fornitore di informazioni per i mercati globali dell’acciaio, dei metalli non ferrosi e dei rottami).
Dunque, almeno per quanto riguarda le cosiddette energie verdi (ma anche smartphone e laptop visto che il litio è un componente imprescindibile di molte batterie ricaricabili), se la produzione cinese crollasse noi precipiteremmo vorticosamente.
Ne è uno straordinario esempio quello che sta accadendo in questi giorni di pandemia.

Leggiamo infatti regolarmente notizie degli impatti sulle catene di approvvigionamento del nuovo Coronavirus, Covid-19,
ma non tutti sappiamo che tra i settori più colpiti vi sono i veicoli elettrici e l’energia eolica. 
“Infatti -prosegue Brussato- la “polmonite cinese” ha già ridotto del 10% la produzione di batterie, dato che Hubei, dove ha avuto origine il virus, e le province circostanti sono responsabili del 60% della produzione cinese di batterie al litio e così, i produttori europei che fanno affidamento sui minerali provenienti dall’Asia potrebbero subire interruzioni della catena di approvvigionamento che colpirebbero la produzione di veicoli elettrici. 
Se per questa volta si è trattato però di cause di forza maggiore – il virus – domani le scelte del Dragone potrebbero essere volute o necessarie: volute, se si innescasse una nuova guerra commerciale con un paese che non volesse sottostare alle condizioni commerciali e contrattuali imposte da Pechino, necessarie se la richiesta interna di materie prime non venisse soddisfatta e quindi l’industria cinese incontrasse a propria volta problemi nell’approvvigionamento”, conclude Brussato.
Ora Stati Uniti e Europa si domandano con colpevole ritardo se non sia necessario sviluppare nuovi giacimenti dove esistono le risorse o concentrarsi su altre tecnologie che permettano di evitare la sudditanza cinese, sperando che non sia troppo tardi.
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