1È quando ti capitano tra le mani libri come quelli di Giorgio Manganelli che ti rendi conto dello stato agonizzante in cui versa l’italica cultura attuale. Qualche tempo fa Adelphi ha raccolto in un volumetto il fascicolo editoriale del critico. Estrosità rigorose di un consulente editoriale è un testo aureo, ma anche disperato, nelle cui pagine seguiamo l’iter di un libro, dalla sua scelta alla pubblicazione. Una delle sezioni più interessanti è quella che contiene le schede che Manganelli compilava. Il critico, infatti, leggeva testi – inediti oppure in lingua straniera – per diverse case editrici: Einaudi, Garzanti, Adelphi, Mondadori, Feltrinelli… Leggeva e valutava tutto quel che gli passavano. Alcuni dei volumi che passavano sulla sua scrivania erano giudicati positivamente, altri un po’ meno. Di alcuni consigliava la traduzione, ad altri raccomandava garbatamente l’oblio.

Molte delle sue stroncature sono fantastiche, senza appello. L’eleganza con cui sgonfia certi palloni gonfiati, la libertà con cui demolisce i luoghi comuni letterari… A leggerle bene, però, colpisce un altro aspetto: oggi tutte le ragioni addotte da Manganelli sarebbero altrettante motivazioni che spingerebbero a pubblicare questi libri, presso una realtà editoriale che spesso e volentieri – ma non sempre, come dimostrano luminose eccezioni – sacrifica la qualità alla quantità, l’estetica all’economia. Eccone alcune, assai colorite – non riportiamo il titolo del volume, ché si dice il peccato ma non il peccatore.

«Lettura ferroviaria, da treni accelerati, novembrini. No.»

«Assai leggibile, il libro non ha alcuna consistenza letteraria. Scritto con agilità giornalistica, è un tipico bene da rapido consumo. È passabilmente divertente, avendo tempo da buttar via.»

«È una raccolta di saggi occasionali, che sanno di rivista accademica, di contributo. E i saggi non sono abbastanza estrosi e autonomi per reggere a una lettura non specialistica. Direi di no»

«Romanzo lesbico-trotskista, molto educativo e nobilmente progressista. Al diavolo.»

«Questa storia di un adolescente che si fa prete è abbastanza privata e locale… inoltre la produzione di adolescenti perplessi ha raggiunto un’entità allarmante.»

«Un romanzetto, ma indubbiamente un romanzetto di classe. L’inizio fa sperare cose notevoli, poi l’autrice si abbandona alle insidie dei buoni sentimenti, e ne vien fuori un libro onestamente didattico, grondante nobiltà d’animo, pieno di sofferenza e amore. Scritto con garbo, riesce leggibile e irritante.»

«“Profondo”, “nobilmente umano”, “psicologicamente caldo”, “moralmente problematico”: in breve, una roba noiosa, presuntuosa, che fa pensare ad una vocazione intellettuale sbagliata, ad un tentativo, da scoraggiare con affettuosa fermezza, di dire “cose intelligenti”.»

2Il povero Manganelli non poteva certo saperlo, ma queste schede oggi sarebbero state accettate, e i libri pubblicati. A pochi decenni da quelle deliziose sparate, ad esempio, cosa direbbe oggi un consulente editoriale di fronte a una lettura da treno, “novembrina”? Da fare, poiché vicina ai problemi comuni, e con un discreto mercato, dato il numero dei pendolari… (Tra l’altro, novembre viene prima di dicembre, mese d’oro per le librerie…) Il tipico “bene da rapido consumo”? Perfetto per le nuove generazioni, già da tempo avvezze a una cultura in pillole e culturalmente anestetizzate a suon di sms e tweet. La raccolta di saggi accademici? Fattibile, a patto che poi venga acquistata da uno o più professori oppure adottata in qualche corso universitario e comprata di conseguenza da un paio di centinaia di studenti, senza riserva di fotocopia. Il romanzetto lesbico-trotskista? Perfetto per svegliare l’opinione pubblica, sensibilizzandola alla causa di qualche minoranza, da sostenere a suon di euro in ossequio al politicamente corretto. Considerando il numero di “adolescenti perplessi”, poi, non è difficile indovinare come anche la successiva stroncatura possa essere redenta entro il catalogo di qualche casa editrice. E che dire, infine, di “buoni sentimenti”, “onestamente didattico”, “nobiltà d’animo”, “pieno di sofferenza e amore”, “profondo”, “nobilmente umano”, “psicologicamente caldo”, “moralmente problematico”, parole d’ordine di un’epoca votata a un mellifluo buonismo? È l’inferno dei buoni sentimenti, in cui naufraga l’editoria nostrana.

L’avrebbe mai indovinato il nostro consulente editoriale che tutte le sue stroncature avrebbero descritto ottimamente lo stato attuale della cultura mainstream? Non c’è dubbio: tra le estrosità di Manganelli i giovani consulenti editoriali potranno pescare a piene mani, per continuare a inondare di volumi i già satolli scaffali delle librerie. Peccato, poi, se non potranno vedere pubblicate che le sue stroncature. Segni dei tempi.

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