Sabato 23 novembre 2013 – San Clemente papa – Taurianova

Rientro da Roma, dopo una settimana di lavoro, col pullman della notte. Percorro il Sud della Penisola sotto la pioggia. Il mezzo fa sosta a Sala Consilina, un caffè, una pipì, e si riparte.
Prima uscita utile per scendere dal pullman e tornare a casa, Rende. Montagne di rifiuti.
Prochain arret, Lamezia Terme. Coperta di rifiuti.
Next stop, Vibo Valentia. Sommersa di rifiuti.
A Gioia Tauro, fai prima a salirci sopra che a scansarli.
E, dulcis, Taurianova. L’amata Patria. Crocifissa dalla mondezza.
Grazie, scopelliti. Grazie di cuore. Mi mancava quest’aria di casa. Mi mancava, girando per la Penisola, la vista della merda per strada.

Grazie per averci ridotto ad un immondezzaio sotto al cielo azzurro del dopo temporale. Grazie per aver innescato un meccanismo maledetto grazie al quale, ciclicamente e puntualmente, siamo ridotti a latrina. Che ci fa, governatore, col giochino della spazzatura? Ce lo dice, per favore? Vorremmo saperlo, magari ci giochiamo pure noi e, almeno, ammazziamo il tempo. E non solo quello. SIAMO INVASI DA MERDOSI TOPI DI FOGNA. Li conosce, Lei, i ratti che vivono nello schifo? Vuole che gliene porti qualcuno in gabbietta? Non mi tiro indietro, se ne ha bisogno. Devo solo appoggiare una trappolina al cumulo di porcherie più vicino a casa. Ci impiego un attimo. E, poi, accompagnato da una piccola processione di LSU, DISABILI, PENSIONATI, PAZIENTI DA E NON IN OSPEDALE, MADRI E PADRI DI FAMIGLIA SENZA OCCUPAZIONE, OPERAI, GIOVANI LAUREATI A SPASSO, ROMPICOGLIONI COME ME, SINDACI TARTASSATI, CALABRESI TRADITI DA LEI E DAI SUOI INUTILI PROGRAMMI ELETTORALI, glieli porto, belli e catturati, a domicilio. Mi dice dove posso rintracciarla? A New York o a Toronto? A Sidney o a Berlino? A Parigi oppure a Nostra Signora de los Buenos Aires? No, giusto per saperlo; tanto per non fare la strada a vuoto, con quel che costa il carburante… Che dice, mi manda un buono carburante dalla Regione?


Non se la prenda se mi permetto di criticarla. Sa, senza padroni, senza grembiulini, senza casacche, senza suggeritori, come qualche suo vassallino ha insinuato, mi autorizzo da solo a fare due chiacchiere coi miei conterranei. Perché, vede, scopelliti, a noi degli intrighi di Palazzo non ce ne fotte niente. Lì, vi fate le scarpe a vicenda. A noi brucia che le scarpe nostre si siano bucate e che voi, lei e la sua ciurma, non ci mettiate più in condizione nemmeno di farle aggiustare. Non dico, come vede, di acquistarne un paio nuovo, magari di quelle fatte a mano, come suppongo malignamente ( me la perdonerà, questa malizia?) siano le sue. No, no, farci aggiustare quelle acquistate all’outlet a metà valore, vorremmo… Ma che glielo dico a fare? E, poi, in italiano… Lei sarà impegnato a conversare in lingua straniera in qualche posto sperduto della Papuasia, dove starà promuovendo il peperoncino calabrese e la nduja di Spilinga…
Fra me e me. E lei.

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