Lunedì 2 dicembre 2013 – Santa Bibiana – Roma

Caro Francesco, Vescovo di Roma,

Le scrivo da peccatore e cristiano intermittente. Le scrivo da uomo di dubbi e incertezze. Le scrivo da deluso e allontanato. Le scrivo per chiedere di intervenire, e in modo rapido e definitivo. Perché, vede, Santo Padre del popolo cattolico, noi siamo veramente indignati e pronti all’abbandono. Noi abbiamo bisogno di Qualcuno che ci assicuri che il Pensiero cristiano sia veramente praticabile e non pari ad altre dottrine umane che hanno, nel tempo, mostrato le loro debolezze ed inutilità. Abbiamo sete di sapere da un vescovo se la strada sia percorribile o meno. Perché non abbiamo tempo da perdere. Né da regalare. Non abbiamo soldi da buttare, ma da centellinare per le spese primarie. Non abbiamo dignità da far calpestare, perché la teniamo al caldo delle nostre famiglie per scopi ben più alti di quelli che ci prospettano le nostre inimitabili guide cattoliche.

Vescovo Francesco,

Lei ritiene necessari i monumenti alla cristianità che, ancora oggi, qualche vescovo cerca di seminare, col contributo dei fedeli, nelle piazze della propria diocesi, ad imperitura memoria del suo lussuoso e privilegiato passaggio? A me sembrano inutili. E’ come se un pastore di pecore ricoprisse campi e montagne di statue che lo raffigurano. Ritengo che sia più logico curare pecore bisognose o malate, vera ricchezza del gregge, piuttosto che vendere latte e formaggi per celebrare se stessi. Ma questo i Veri Pastori lo sanno bene.

Anche Lei, Vescovo Francesco, lo sa bene. E, pubblicamente, rinuncia ad onori e sfarzi. Per non offendere la pecora più bisognosa e, forse, anche più lontana dal calore dell’ovile.

Perché i Suoi colleghi non lo fanno, Francesco?

Perché continuano a sperperare in piviali ricamati e preziosi, in monumenti inutili e costosi, in celebrazioni rese solenni solo dall’uso di ori e argenti?

Le voci si rincorrono, Vescovo Bergoglio. La Piana di Gioia Tauro assiste, rispettosamente silenziosa, a futili spese. Io, pecora belante, non lo sopporto, questo silenzio. Perché lo paragono al silenzio pesante che si creò attorno al palazzo di Pilato, prima, e al Golgota, dopo. Lo paragono al silenzio del popolo giudeo davanti all’arroganza del Sinedrio.

Se fosse vero (e questo può appurarlo solo Lei, Vescovo dei vescovi), che la diocesi di Oppido – Palmi stia per ergere costosi monumenti (trentamilaeuro!!!) in contrade semispopolate del proprio territorio, mentre giovani lavoratori stranieri – Quelli a Cui Lei pensa spesso – muoiono per il freddo dentro automobili abbandonate, allora il mio belato diventerà un urlo che si spargerà fino agli angoli più sperduti dell’Universo Creato. Piangerò così forte la morte di Cristo che ogni tomba si dovrà aprire per mostrare la povertà umana. E non sarà il Tempo dell’Anima, ma del ventre. Grasso.

Sono peccatore, Stimatissimo Vescovo, ed in cammino verso di Lei e Ciò che rappresenta. Ma non posso e non voglio ritrovarmi nelle pastoie immorali di una Chiesa di Roma e locale che non sa ascoltare il mio peccato per trasformarlo in gioia di Resurrezione.

 

… fra me e me.

 

 

 

 

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