Martedì 18 marzo 2014 – San Cirillo – Taurianova, Piana di Gioia Tauro

Ah! Maledette mode! Un gioco infernale che, infido, si insinua fra le maglie del tessuto sociale e lo stravolge travolgendolo. Da sempre. Da quella famosa “notte dei tempi” che, detto fra noi, non ho mai capito quando sia avvenuta. Chi può stabilire, infatti, in che Era, in che Evo, sia accaduta? In ogni caso, la moda è veleno antico per l’Uomo, maschio o femmina che sia.

Dalle acconciature delle matrone romane al trucco delle tante Cleopatre egizie, dalle decorazioni corporali degli scultorei guerrieri Nuba ai mille tatuaggi dei finti guerrieri metropolitani, fino ai guardinfante settecenteschi, alle minigonne sessantottine, le collane di rigatoni, i sandali francescani, i capelli blu…

Una trappola che funziona da millenni e condiziona i rapporti umani e sociali. E anche fra specie, se consideriamo la pessima abitudine di coprirsi di pelo animale.

Il fondo, però, lo tocchiamo in questi ultimi tempi. Una sorta di mescola umana che non serve a nessuno, se non al teatrino delle apparenze e delle ipocrisie.

E’ la moda della menzogna. Una Fiera Campionaria di tutto il Falso Umano che ha invaso ogni ganglio della Società, azzerandone la credibilità.

Ora, che si schiaffeggino le coerenze e le certezze ci piace molto. Ma vera vittoria sarebbe che la sberla arrivasse pubblica e inconfutabile. La coerenza e la certezza sono mostri dalle mille braccia, che frenano ogni crescita e creatività. Ma l’uccisione delle due non può avvenire per mano della bugia: è una nonmorte. Una specie di sepoltura di vivente. E’ come nascondere ciò che non piace, senza, però, cambiarlo veramente.

E questo, ahimè, è quanto sta avvenendo al maschio contemporaneo.

Una volta si diceva “niente peli sulla lingua”. Oggi, basta “niente peli”. Non ne trovi uno a pagarlo oro, sui corpi dei nuovi “esteti”. Dalle sopracciglia in giù, fino alla chiappa e oltre (purtroppo!), non incontri un’ombra di mantello umano neanche se ti inginocchi a pregare. L’arco degli occhi è sormontato, ormai, da sedici, diciassette deboli filini di lanugine tenuti insieme da una spazzolata di fissante trasparente e lucidante. Le ciglia vengono spesso arricciate da quell’orrendo piegatore che li rende più vezzosi che convincenti. La barba sparisce sotto l’offesa delle creme depilatorie e non più del maschio rasoio. Le ascelle? Vuote come una caverna. Niente pelo sul petto, sulla schiena e fino a lì, dove, invece, era pure bello e sensuale. Niente! Una sorta di deserto pilifero che mortifica.

Quando, poi, scoprono le gambe, gli “eterofroci rasati”, allora ti rendi conto di appartenere ad un’altra era, un altro mondo. Di essere tu, l’Alieno. Quella pelle liscia come il marmo di Canova, come il bronzo di Riace, lucida come olio per mogano, ti riporta alla mente le lacrime di pena di zio Totò, quando perse i peli per una alopecia che lo mortificò tanto da indurirgli anche il carattere. Lui ci pianse: questi ne godono.

E il pelo è il primo segno di eterofrocìa. Il secondo è la fissazione per la palestra, la bike, il cameratismo esasperato.

Gli uomini stanno sempre di più con gli uomini. In una affannata e profumatamente sudata ricerca di sé nell’altro e viceversa. Ci sono eterofroci ovunque. Nelle caserme, nei seminari, negli uffici, nei tribunali, seduti al bar o alla poltrona del barbiere, stesi dall’estetista e sui lettini al mare. Costretti nel ruolo di papà, di marito, fidanzato.

Svolgono la funzione, ma, poi, scappano e si rifugiano a casa dell’altro, che gli prepara il minestrone più buono di quello della moglie, gli massaggia la schiena e lo “capisce meglio”.

Un popolo maschio molle e sibarita, dunque? Forse. Anche per responsabilità di donne che li stanno rammollendo, gli uomini. Sono le donne che gli strappano i peli e li riducono a maschera ridicola, sono loro che li vogliono come “quello della pubblicità del profumo”, sempre loro a cadere svenute davanti ad un ventre piatto e ad un culo sodo. Sono le donne che li stanno costringendo a cambiare. A non piacersi. A… tentare di ritrovarsi. E, dunque, questi partono. Varcano le porte dell’ignoto e Amen.

Un grazie di cuore da parte della comunità frocia. Quella che la propria verità l’ha messa a fuoco. Ha capito come funziona e ne approfitta.

Di mio, penso che, negli ultimi trent’anni, ho accompagnato più ex all’altare che cani a pisciare. I miei son tutti sposati o fidanzati. Buon per loro e per me. Altra corsa, altro giro. Ma quanta tenerezza mi fa, saperli immersi in doveri forzati, mentre penso a neanche tanto lontani ululati di ben altro piacere…

Chissà quando, la loro prossima fuga…

 

Fra me e me. Rileggendo il Diario di una vecchia checca, per prepararmi per Berlino…

 

 

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