Domenica 4 Maggio 2014 – San Nereo – Taurianova

Non seguo il Calcio nelle sue liturgie pre e post stadio. Non so dove si svolga il calcio mercato. Né dove si allenino le squadre. Non conosco i nomi dei presidenti, né il numero di coppe e scudetti portati a casa da ciascuna squadra. Non esibisco gagliardetti e nemmeno sciarpine. Non frequento campetti da calcetto e non ho mai indossato (al contrario di mio Padre e mia Madre) una maglietta di club.

Però, amo il Calcio!

Mi esalto a seguire le partite della Nazionale Italiana e anche quelle delle nostre squadre. E non solo. Se mi capita, seguo anche gli incontri internazionali o di altri Paesi.

Mi piace seguire il bel gioco. Fissarmi sulle azioni. Magari anche esternare la delusione o la gioia del risultato. Sia in partita che dopo.

Riconosco a malapena il fuorigioco. E chiedo il calcio d’angolo. Ma non chiedetemi altro.

Quando mi capita, vado allo stadio. Mi rilasso. Non penso ad altro che a seguire la partita. Chiunque abbia a fianco. Non partecipo al tifo di gruppo. Mi isolo e cerco di entrare, con l’animo partecipe, in campo.

Perché, non sapendo giocare, tento di farlo. Come quando ascolto i tenori all’Opera. Quei loro acuti diventano i miei.

Ecco, ogni loro gol lo segno anche  io. E, così, gioco al calcio.

Mio Padre mi portava, da corrispondente sportivo, anche negli spogliatoi (sarà per questo che sono, poi, diventato frocio? Bah!). L’aria di sudore e doccia che si respirava era quantomeno inebriante. Oggi, paragonerei quelle stanze ai sotterranei del Colosseo, dove aspettavano o riposavano i gladiatori.

Non so nulla di Ultras. Non so come si chiamino i facinorosi delle varie città. Non li considero. Non mi interessano, perché non sono il Calcio. E, per questo, non li farei entrare.

Né li tessererei, se fossi presidente di una squadra. Di loro non vorrei aver bisogno, né essere servo.

Se non venissero allo stadio, sarebbe meglio.

Perché non è a loro che vorrei dedicare le mie fatiche e non per loro spenderei i miei soldi. Li terrei lontani, da me e dai ragazzi della mia squadra, per difendere la civiltà e lo sport.

Oggi, su stampa e social, una pioggia di critiche e maledizioni, anatemi e minacce, rimproveri e rammarichi. E il Calcio è crocifisso, come Cristo. E non va bene.

Non è il Calcio che deve darsi un contegno, ma gli italiani maleducati. Che sono gli stessi che distruggono le città durante le manifestazioni di protesta. Gli stessi che, da ogni fronte, si sentono autorizzati ad usare la violenza al posto del confronto. Sono quelle frange che vorrebbero farci vergognare di essere italiani.

E non ci riusciranno mai.

NON MI VERGOGNO DI ESSERE ITALIANO. MAI!

L’Italia è Paese di Grandi Uomini e Grandi Imprese. Quei cretini NON SONO L’ITALIA. Sono solamente dei coglioni, frustrati e violenti.

E non sono né di Destra, né di Sinistra. Sono dei poveracci senza un vero Credo, né religioso, né politico. Si sposano in chiesa, tutti addobbati e lisciati dalle estetiste, e non sanno il Vangelo, battezzano i loro figli, timorosi della candela che tengono in mano, piangono distrattamente i loro morti, coperti dalle bandiere della squadra, votano il vicino di casa o il politico venduto al malaffare, sputano per terra, buttano le carte fuori dal finestrino dell’auto, sotterrano i rifiuti tossici e sparano ai cani, ai gatti e alle persone. Non sono solo del Nord o del Sud, dell’Est o dell’Ovest: non hanno patria. Non sanno la Storia. E nemmeno la lingua dei Padri.

Scambiano il colesterolo col polistirolo. Guardano i film cretini e ne imitano i personaggi, credendoli veri.

Confondono i nomi dei papi. Ignorano la geografia e pensano che Etna e Vesuvio abbiano come unico compito l’eruzione finale. Son cretini. Punto.

Ieri, a Roma, allo Stadio Olimpico, le Istituzioni li hanno fin troppo omaggiati. Avrei fatto, invece, intervenire l’esercito. Li avrei caricati sui mezzi blindati e trasferiti per anni su una delle nostre isolette sparse nel Mediterraneo. A lavorare per noi Italiani. Quelli veri.

Fra me e me. Per non cadere nella trappola.

 

 

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