Giovedì 9 febbraio 2017 – Santi Martiri di Alessandria d’Egitto – a casa, scoglionato, in Calabria

ninospirlì

E basta! Si chiude, seppur con dispiacere, un capitolo durato – gloriosamente – 35 anni. Da quella prima volta in caserma, nel cuore delle nebbie delle Langhe, fino a qualche ora fa. Ma, veramente, giuro!, ne ho piene le balle di questa catasta di “frocetti” che sta subissando, se non l’Umanità intera, almeno la nostra Identità. Son troppi e troppo esagerati. Esasperano tutto: dall’immagine esteriore alla qualità della propria anima. Si sono talmente spinti oltre ogni plausibile confine, che non sanno più da dove siano partiti e perché. Facce di gomma, culi di silicone, sguardi da gatti infuriati. Spiumati più di un’oca da cuscino, ma muscolosi quanto e più di Rambo e Rocky shakerati insieme, seppur bigolodipendenti; oppure bugiardamente barbuti e pur sempre con la mente calamitata da ogni patta incrociata nella metro; argentini nei guizzi vocali come sigaraie da tabarin e apparecchiati come troie da saloon, anche fra i banchetti del mercatino rionale. Scemi e ignoranti, imitano le dee, ma non ne conoscono il nome e le virtù. Gusci vuoti di vite buttate.

Eppur presenti in ogni dove: dagli altari, infettati dalle foie di frustrati altrimenti senza futuro, fino alle cattedre delle scuole, minati dalle false teorie su un genere che spezza la Natura e forza la Società. Presenti, e celebrati da altrettanti ignoranti “padroni di casa”, nei salotti mediatici e nelle piazze dell’Arte, dove la Chiamata perde il contatto col Divino e diventa un bercio stridulo di pretesa attenzione. Travestiti da manager d’industria, funzionari statali, mercanti, artigiani… In uniforme, in camice, in tuta… Froci per convenienza, per moda, per carrierismo, per curiosità, per assuefazione, per rabbia. Per ignavia.

Sfrontati, arroganti, pretenziosi, volgari, razzisti ed eterofobi. Garantiti dal Potere, che li teme. Ingrassati dalla politica, che ne patisce i ricatti. Coccolati da vecchie puttane ingioiellate e ripulite dalla fede al dito; tutelati da leggi zoppe quanto il gatto e la volpe di collodiana memoria; accontentati nei sacramenti e nelle onorificenze.

Padroni di un mondo che cambia dignità come fosse una mutanda pisciata di notte, pontificano e dispongono. Vomitano nuovi dogmi che la strada patisce ed accetta, preoccupata di non farsi crocifiggere, da una stampa impastata con inchiostro a sette colori e banalità, su quella cosa che non è cosa e che molti chiamano teoria del gender. 

Ma che, poi, tacciono quando, invece, dovrebbero denunciare i martirii patiti da quelli come noi che muoiono, massacrati nei paesi islamici, nei paesi a regime comunista, in mezza africa, negli abissi dell’estremo oriente.

Ecco, io non ci sto ad ingrossare le fila di questi frocetti da commedia americana! Volevo essere ricchione alla vecchia maniera, io! E, dunque, mi ritiro!

Volevo, sì, essere ricchione senza “matrimonio”; senza figli da consegnare al pubblico ludibrio, in un mondo che non è ancora pronto a cotanta provocazione; senza l’assurda pretesa di cancellare la bellezza della Santità del Padre e della Madre, non solo fra le calde mura domestiche, ma anche su un rigoroso certificato di nascita; senza la pietosa bugia che siamo tutti un po’ omosessuali, in fondo. Perché non è così!

No, mondo! Non ci sto più! Mi fermo. Mi sposto in un angolo. E non sono più frocio. Non consumo più, né atti, né sentimenti. Per rispetto. A me, ad un Lui, ad una Lei. Al Cielo e alla Terra.

Tornerò quando l’ultimo dei mentitori avrà ritrovato il buco dal quale è uscito e si sarà dileguato in quell’abisso dal quale qualcuno, scaltro e malfattore, lo ha convinto ad uscire per interpretare la commedia. La tragica commedia della morte della Dignità Umana.

Fra me e me.

 

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