Giovedì 11 gennaio 2018 – senza Santi in Paradiso – a Casa Spirlì, in Calabria

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Ho sempre saputo dove stessi andando.

Sia che mi dirigessi, giovanissimo impiegato modello, verso la stanza al piano delle decisioni del ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, sia che mi perdessi nel fumo mefitico di mille sigarette di una sala prove a teatro. O che mi imbellettassi per una cena aristofracica della Roma mignotta e padrona. O, ancora, che mi imbalsamassi con profumi d’oriente per espormi alle morbidezze di quel marpione o questa sciacalla che tenevano più a quei sedici/diciotto centimetri di intelligenza bassa che ospito nelle braghe, piuttosto che alla nobiltà dei miei sentimenti.

Ho sempre condotto questa macchina di carne e intelligenza con volontà, lucidità, acutezza. Non mi sono mai pentito di nessuna scelta fatta. Di nessuna tranvata presa sul grugno. Di nessun patimento procurato a me stesso. Così come non mi sono mai vergognato di alcun risultato ottenuto. Di nessun compromesso controfirmato. Di nessuna agevolazione cercata e, a volte, ottenuta.

Lo facciamo tutti: sia chi lo ammette e lo dichiara serenamente e con grande autoironia, sia chi se lo tiene stretto nelle viscere, fra merda quotidiana e bolle d’aria fetida. Sì, stitica di onestà, una pletora di falsi santi sta guadagnando prime pagine come fosse maturato il tempo dei 144.000 unti del Signore. Donne e uomini che,  a distanza di venti o trent’anni, si ricordano di quel giorno in cui un amico, un collega, un boss, un regista o un medico ha schiaffato loro la mano sudaticcia e golosa sulla chiappa, sul pacco, sulla patonza, come se non ci fosse un domani. Con spifferi di bava alla bocca come se il peggiore e più infernale dei ghibli avesse abbandonato il deserto per ficcarsi in una camera sigillata al resto del mondo… Ricordano, oggi, l’orrore di quel tempo lontano, più di quanto non sappiano cosa ci fosse, stamattina, sul tavolino della colazione. Sentono ancora il fiato d’aglio azzannare, poro dopo poro, la loro carne angelica, ingenua, ignara.

Addebitano a questo o quel porco di ogni tempo tutte le sconfitte successive a “quell’assalto all’arma eretta”. E schiaffano nel sottoscala, nel retrobottega, o, peggio, in un pozzo senza fondo, la propria incapacità. La possibilità che i mille e mille “grazie, le faremo sapere” siano stati giustificati più da una loro sciapità personale, che dalla cattiveria altrui.

Mi indigno, oggi come sempre, non solo di questa falsa ingenuità, ma anche della “complice complicità” di chi fa finta di scandalizzarsi solo per poter partecipare alla saga della finta verginità. Mignotte e mignotti di tutti i tempi – di alcuni dei quali potrei raccontare faville da Salon Kitty – che concionano sulla propria condotta irreprensibile davanti alle propostacce di questo o quel maiale di potere!

Fasulli come un soldo su cui sia stampato “Terzo secolo A.C.”, scaricano, apparendo su ogni tipo di Media, carriolate di letame su veri e propri mostri sacri dell’arte, su santi uomini di fede, su onestissimi amministratori, impastandoli con quella teppaglia che, negli stessi ambiti, ha procurato ululati di vero dolore a vittime silenziose, se non già morte.

Tutti porci, dunque? Carnefici e finte vittime? Gli operatori della comunicazione dovrebbero saper fare la tara a certe mitragliate di letame. Verificare prima che qualcuno, magari più debole di altri, si armi di vergogna e si scaraventi in un inferno che non lo aspettava e che non gli competeva.

Preferisco sopportare un colpevole vivo piuttosto che piangere un innocente morto.

Pensiamoci un po’ su… Prima che qualche altro mitomane egocentrico crocifigga un nuovo Gesucristo…

Leonardo Da Vinci descendants

Nota: è di queste ore una gravissima accusa a Franco Zeffirelli, 94 anni di Arte ed Eleganza che il mondo intero ci invidia

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