09Set 11
Due saggi scrivevano parole sulla sabbia…
Due saggi scrivevano parole sulla sabbia.
Uno lo faceva quando c’era l’alta marea e incideva nella sabbia queste parole: “Io sono colui che é” rallegrandosi quando la gente si fermava a leggerle.
Il secondo saggio preferiva scrivere quando c’era la bassa marea lieto che il mare cancellasse parole che nessuno avrebbe potuto leggere e dicevano: “Io sono la goccia nell’oceano”.
Sin dalla mia nascita ho avuto accanto un Angelo che mi ha accompagnato benissimo al raggiungimento dei ventitre anni; certo avevo accanto anche il demonio.
Vista però la mia irrequietezza, da quell’età, Dio prese una Saggia decisione (forse, e credo sia così, l’aveva preparata da tempo).
E’ troppo poco un Angelo Custode per mio figlio (testardo) Adriano, voglio dargli una moglie che gli stia accanto sempre ed un altro Angelo che sicuramente gli sarà utile per iniziare a vivere.
Sono trascorsi più di trenta anni e tre anni or sono, 2009, in occasione di una raduno del “Rinnovamento nello Spirito” ascoltato “casualmente” per Radio, ho chiamato quest’altro Angelo Ruth, nonostante sia una “femmina” so che Lei mi vede anche quando sono solo e soprattutto quando continuo a sbattere la testa al muro!
Non so se esiste un’interpretazione esatta di questo racconto ma cio’ che ho percepito io e’ questo :il primo saggio ha la consapevolezza del suo essere , del suo esistere , in conclusione l’ IO come unicita’ della persona , il secondo ha la consapevolezza di essere un piccola parte di un grande insieme e forse la possibilita’ che tra tante gocce una sola possa passare inosservata e forse da sola possa essere insignificante mentre assume importanza e utilita’ insieme alle altre…….mi piace …mi ricorda la lettura della Bibbia , la stessa lettura raccontava ad ognuno una storia diversa ognuno trovava un significato diverso ma nessuno di questi era sbagliato
Bello il racconto a commento di Annamaria del 23 marzo 2012, circa il luogo in cui la divinità dell’uomo fu nascosta proprio nel suo stesso sè, ma tutto questo commentare lascia aperta una domanda di base, credo io.
Perché mai il racconto di questi due saggi… ? Volevano solo porre alla prova il loro stesso se stessi, oppure… volevano porre alla prova la curiosità degli eventuali osservatori di passaggio, sulla spiaggia del momento… ?
“Io sono quello che sono”, oltre ad essere un’antica espressione del Dio degli Ebrei al Mosè, per attestargli ch’egli era semplicemente l’Esistente o l’Essere di ogni tempo e luogo… a prescindere dalla forma che lo poteva far vedere o costituire, è solo un’idiozia a presunzione, se espressa da un uomo che in ciò si convincerebbe d’essere una cosa sola, con lo Spirito del Tutto – che invece tende a differenziarsi, nel tutto – in quanto a forme, ruoli e durata, nel suo stesso tempo dell’Essere !
E il ritenersi invece solamente una ‘Goccia’, nell’Oceano della Vita e dell’Esistente, beh… sì, sarebbe esattamente ciò che si ‘ridiventa’, una volta esplettato il proprio ruolo di vita e si sparisce… ridiluendovisi dentro !
Per cui la ‘domanda’, alla Redazione però: Che diavolo mai avreste desiderato voluto sapere o constattare… con questa esternazione apparentemente sciocca e senza senso ma,in realtà, profondissima e perfino degna di una esplicitazione ponderosa… ?
complimenti comunque… per la Vs indubbia arguzia e “savoir faire”, nel incuriosire e vincolare l’umana attenzione – anche se si tenderebbe a dare più spiegazioni di apparente ‘saggezza’, che non porsi domande di raffinata intelligenza ponderativa !
Saluti
Scaranto G. renzo
Jesolo (Ve)
11/01/2012
Gentile Annamaria,
se avesse difficoltà o problemi, scriva pure come se stesse commentando. Le risponderemo e cercheremo di aiutarla.
Grazie
Cara Redazione…ho fatto confusione!! Penso di aver sbagliato …luogo! Perdonate…non mi so ancora orientare in modo corretto…ahimè…Ma come si fa a contattarvi…in caso di aiuto? Scusate ancora e grazie.
La divinità nell’uomo( Leggenda indù ) ” Una vecchia leggenda indù racconta che vi fu un tempo in cui tutti gli uomini erano dei. Essi però abusarono talmente della loro divinità, che Brahma, signore degli dei, decise di privarli del potere divino e di nasconderlo in un posto dove fosse impossibile trovarlo. IL grande problema fu quello di trovare un nascondiglio. Quando gli dei minori si riunirono a consiglio per risolvere il dilemma, essi proposero la cosa seguente:” Seppelliamo la divinità dell’uomo nella Terra”. Brahma tuttavia rispose:” No, non basta. Perchè l’uomo scaverà e la ritroverà”. Gli dei, allora, replicarono:” In tal caso, gettiamo la divinità nel più profondo degli Oceani”. E di nuovo Brahma rispose:” No, perchè, prima o poi, l’uomo esplorerà le cavità di tutti gli Oceani, e sicuramente un giorno la troverà e la riporterà in superficie”. Gli dei minori conclusero allora:” Non sappiamo dove nasconderla, perchè non sembra esistere, sulla terra o in mare, luogo alcuno che l’uomo non possa raggiungere”. E fu così che Brahma disse:” Ecco ciò che faremo della divinità dell’uomo: la nasconderemo nel suo Io più profondo e segreto, perchè é il solo posto dove non la cercherà mai”. A partire da quel tempo, conclude la leggenda, l’uomo ha compiuto il periplo della terra, ha esplorato, scalato montagne, scavato la terra e si è immerso nei mari alla ricerca di qualcosa che si trova dentro di lui!
La sabbia, purtroppo, era nera di “petrolio”, versato in mare dai marinai di una petroliera le cui tanche furono ripulite in navigazione contro la legge, per guadagnare tempo e soldi. Il dito dei due saggi immediatamente diventò nero: non sapevano che la benzina l’avrebbe fatto ridiventare candido.
Io, estirpato dal mare, sono goccia che non vede, non sente ma percepisce… ma come goccia il mio destino e di tornare al mare, e nel mare, essa cessa d’essere solo una goccia per essere tutto il mare!
C’è una storiella, che di sicuro molti di Voi già conosceranno, che secondo me da un’idea efficace di cosa può essere la saggezza, per noi e per gli altri. E di come a volte ciò che per noi è saggio, possa non esserlo per gli altri.
E’ quella di un vecchio e di un bambino che si recarono distante dal loro villaggio, portandosi appresso il loro asino. Strada facendo, mentre il vecchio teneva l’asino e gli camminava al fianco, ed in groppa all’animale stava il bimbo, dei passanti s’indignarono e dissero:”Ma guarda che roba! Un giovanetto viaggia comodo ed un povero vecchio deve faticare a piedi, vergogna!”
Il vecchio fece allora scendere il bambino dall’asino e vi salì egli, per proseguire la strada. Ma, nell’incontrare altra gente, questa si indignò e commentò:”Ma è una vergogna! Un povero bambino a piedi, a correre per stare dietro ad un asino con su un vecchio egoista!”
Allora, il vecchio scese dall’asino e, assieme al bambino proseguirono a piedi.
Tuttavia, incontrarono ancora altre persone che, ridacchiando commentarono:”Ma guarda questi due che sciocchi! Hanno un asino a loro disposizione e se ne vanno a piedi!”
Giustamente, con la parola “dipende” si scava in profondità il concetto di “saggezza”, in tema, determinandone aspetti diversi, nella ricerca continua di nuovi significati. Ciò appartiene più ad una razionalità scientifica, oggi in prima fila nella conoscenza delle cose. Ma la “saggezza”, di solito, si sposta nel terreno di un’ intuizione filosofica aperta soprattutto al nostro mondo interiore, a ciò che vogliamo o non vogliamo sentire, a ciò che vogliamo o non vogliamo vedere. Nella nostra piccolezza, qualificare o quantificare la saggezza diventa dispersivo e difficile, in quanto, essa non è chiusa in un recinto e non si trova sotto microscopi di laboratorio. Le intuizioni provengono da diverse parti; possono nascere anche dal cuore, da antiche esperienze, dalle culture globali, dalle tradizioni oltre che dalla mente e dalle passioni. Spesso e volentieri troviamo più “saggezza” in un analfabeta che in un politico o sapiente, appunto perchè essa non ha schemi o progetti. Sa adattarsi in qualsiasi persona, anche in chi pensa come inarrivabile il bello, il buono e il giusto. Fa parte della stessa comunicazione; saggi furono mio padre e mia madre, saggi furono i miei nonni analfabeti che seppur in difficoltà con le parole e la scrittura contenevano nella loro manualità e nei loro gesti la gioia del vivere o la pena di qualche sofferenza. Saggio è perfino quel cerebroleso, che dopo un piccolo aiuto, ti ringrazia con due occhi grandi d’infinito amore. Saluti.
“Io sono colui che é” : Esodo 3;14 la risposta di Dio a Mosè che gli chiedeva quale fosse il Suo nome, questa affermazione è la sintesi efficace dell’essenza di Dio, poichè Egli può affermare di essere in quanto è, ed è l’unica realtà che si contrappone al concetto dell’inesistenza in quanto Egli stesso condizione dell’esistere dall’eternità, e senza il quale non sarebbe possibile il creato.
“Io sono la goccia nell’oceano”., una frase di Madre Teresa di calcutta che si riferiva alla sua opera ed a quella degli altri che per quanto insufficiente era comunque utile, l’intera frase sostiene che se la goccia non arrivasse all’oceano esso se ne accorgerebbe.
Mah. Il primo saggio ha creato una religione, il secondo forse non è mai esistito ma di certo ha fatto meno danni.
“Saggi”???
Secondo me, il primo saggio si riferisce ad un’anima inquieta, che porta dentro un’alta marea, forza cento, per dire. Un’anima tormentata da mille dubbi, senza certezze e futuro, ma che continua a ribellarsi del suo stato, e come l’alta marea porta onde altissime, essa di continuo riflette e vuole uscire dal suo torpore. Vuole cambiare a tutti i costi la propria esistenza. Dalla sua crisi vuole uscire con idee chiare. Si accorge che in quella sua creta molle, Qualcuno ha scritto un messaggio, basta solo “fermarsi” a leggerlo, meditarlo e fidarsi. L’aiuto arriva anche con l’alta marea nel cuore. Il mare placido e calmo non porta problemi, e non aumenta interessi particolari. Con la bassa marea viviamo una trastullata tranquillità di abitudini piatte e banali. Spesso scambiamo cose importanti ciò che non lo sono. Inoltre ci lasciamo prendere, molte volte, dallo scoraggiamento e dalla depressione perchè ci sembra di non valere niente. Ci sembra di non avere idee, nè spirito e ci chiudiamo a qualsiasi interesse, certi di non poter leggere nulla, tra le righe della nostra anima. Ma anche lì, il secondo saggio, ci invita a sperare nella nostra “esistenza”, perchè essa e come quella goccia d’acqua che alimenta l’oceano. Diceva, pure, un altro maestro del cinema che anche una pietra o un sasso hanno un loro senso, un loro valore, un loro significato. Quindi coraggio agli sfiduciati e depressi. Saluti.
Questo post mi ferisce poiché non sono in grado di comprendere come la comunicazione inefficace possa essere peculiarità di saggezza.
Forse si sta affermando che è bello e buono ciò che è inarrivabile?
O forse sono solo parole, scritte sulla rena durante l’alta marea, inutili ed insignificanti e che non beneficiano dell’oblio del buon senso?
Secondo me dipende se si tratta di una saggezza che ci viene richiesta, e che quindi dev’essere in qualche modo comunicata all’esterno, agli altri; o se invece è una saggezza personale, interiore. Penso però che a volte si possa essere saggi con gli altri e non con se stessi. Inoltre,si può essere giudicati saggi da qualcuno ed assolutamente inappropriati da altri.