[photopress:Interior_5.jpg,thumb,alignleft] E meno male, bontà sua, ammette e premette che Berlusconi non è come Mussolini e che le starlette non si possono paragonare alle camicie nere. Sotto elezioni,  puntuale come il Big Ben, a pochi giorni dalle elezioni europee e da quelle amministrative, arriva anche l’editoriale del Financial Times, a spiegare agli italiani da chi dovrebbero essere governati. Per ora il giornale britannico non ci ha spiegato “come” dovremmo essere governati, ma sono sicuro che prima o poi capiterà. Ecco un altro effetto collaterale della politica del gossip e dello “sfascismo antiberlusconiano”, lezioncina importata pari pari dalla nostra stampa di sinistra e dal Franceschini-D’Alema-Di Pietro pensiero, e impartita ai milioni di italiani che hanno votato Berlusconi: ricco, potente, spietato, non fascista, questo no (del resto anche il Duce, per un periodo, piacque a Churchill…). Ma addirittura pericoloso. Tanto pericoloso che quando ha perso le elezioni invece di occupare il Parlamento ha guidato Forza Italia e i suoi alleati nel deserto dell’opposizione, tornando a vincere… Sai che pericolo per la democrazia.

Certo, avere in testa l’idea di modernizzare il Paese, di farlo tornare a marciare, di avere autonomia e autorevolezza in politica estera, di firmare accordi che forse non piacciono dalle parti di Londra su gasdotti ed energia con la Russia,  potrebbe non piacere al Ft. O magari, mentre plaude a Fiat (per Opel è l’opzione migliore, scrive) lancia qualche messaggio sul futuro degli stabilimenti Vauxhall di Luton ed Ellesmere Port. Chissà, poco importa… ci sono le starlette che potrebbero marciare su Roma, o magari su Bruxelles. Un Ppe con una componente italiana (Pdl) più forte disturberebbe forse la democratica Gran Bretagna con la sterlina e l’economia in caduta libera? E’ significativo che il grido di dolore del Financial Times sia raccolto da presidente dei senatori dell’Italia dei Valori, Felice Belisario: “Scrive quello che denunciamo noi”.  Ma va? Avanti così, compagni. Gettare discredito internazionale sull’Italia, su chi la rappresenta (oltre che su chi ha votato il premier) è l’ultima spiaggia di un’opposizione, di una certa intellighenzia della sinistra, a cui lo stesso Ft non risparmia la lezioncina: “E’ assente”. Alla faccia del giornalismo “obiettivo”, sull’esempio di quello che ha già scritto Ft a proposito del termovalorizzatore di Acerra, ricordate? Per l’autorevole giornale era stato acceso solo per l’inaugurazione, ma non avrebbe mai funzionato…

“Ft” aggiusta il tiro… Mussolini no, ora neppure Noemi e le veline, e nemmeno Mills e neanche il peicolo per la democrazia. Sapete qual è il vero peccato di Berlusconi: la cattiva gestione dell’economia italiana (invece a quella britannica ci pensa Brown…). Basta gossip, per carità: siamo seri. Lo scrive oggi (giovedì 28 maggio 2009) il Financial Times, nel “Brussels Blog” a firma di Tony Barber. “Nella pubblica opinione – scrive Barber – qualcuno potrà considerare sorprendente che Berlusconi non sia stato condannato per esser il peggior amministratore dell’economia italiana dal 1945… Ora presiede a un declino che l’Fmi ritiene possa fare dell’Italia l’unico paese dell’eurozona a sperimentare tre anni consecutivi di recessione, dal 2008 al 2010”. “E cosa peggiore – aggiunge – il debito pubblico dell’Italia è destinato a raggiungere il 116%  del Pil entro il 2010, secondo la Commissione europea. In altre parole, l’Italia sarà dov’era alla fine degli anni ’90. Noemi o non Noemi, questo è il vero peccato di Berlusconi”.

Invece l’Fmi dice… Nonostante il pil sia in calo, certificato dall’Istat, del 4,6% acquisito per il 2009, “il risultato italiano è molto buono”. Lo ha detto, a margine del Workshop di Economia Reale, il direttore esecutivo per l’Italia del Fondo monetario, Arrigo Sadun. Secondo l’esponente del Fmi, “la performance italiana è in perfetta linea con la media europea, o un pochino meglio. C’è chi sta un poco meglio di noi, la Francia, chi molto peggio: la Germania, la Gran Bretagna e la Spagna. La posizione italiana è perfettamente in linea con la media”. Sadun sottolinea che “questo inverno appena passato è il più duro degli ultimi cinquant’anni. I numeri di adesso sono i più brutti che vedremo nella crisi, in futuro andrà molto meglio. Insomma, la febbre c’è ma cala, non è che da una broncopolmonite si passa a scoppiare di salute, c’è la convalescenza e poi la ripresa”.